29 dicembre 2013

Once upon a time - Le favole sono reali!

Le favole sono racconti di avventure fantastiche, meravigliose, che attraggono sia grandi che piccini. Fanno immaginare scenari bellissimi perché la fantasia prende vita, è quasi impossibile fermarsi. E se il mondo delle favole incrociasse il mondo reale? Se le persone con cui parliamo in realtà sono i personaggi delle favole? Oggi vi parlo di “C’era una volta – Once upon a time”, serial tv che sta spopolando.

La serie tv statunitense per il momento conta quasi tre stagioni. In Italia, ancora, la terza stagione è inedita, mentre negli Stati Uniti è in corso. Questa serie tv mi piace tantissimo, è riuscita a dare equilibrio agli elementi fantastici con quelli reali. I creatori della serie tv sono Adam Horowitz ed Edward Kitsis, che avevano concepito la serie già da molto tempo prima di unirsi alla produzione di “Lost”. Infatti in “Once upon a time” ritroviamo i tipici flashback e flashforward di “Lost”. Anche se la serie, almeno fino a metà della seconda stagione, risulta un tantino caotica, perdere anche un solo dialogo significa perdere l’intero filo della storia. I flash nel mondo delle favole aiutano tantissimo a capire, ma questo cross over continuo tra futuro e passato spesso fanno confondere. Il mondo fantastico è stato reso molto bene, sia per quanto riguarda le storie che per gli effetti speciali. Per quanto riguarda le location, il mondo fantastico è un po’ penalizzato, il più delle volte si nota che è fatto con la computer grafica. Per il resto, le location all’aperto come le foreste o il mare aperto sono davvero ben rese. Per le favole il discorso è un po’ articolato.
Le favole sono prese sia dalla tradizione che dal mondo Disney, come ad esempio Mulan, Biancaneve. Anche se gli autori hanno preso anche da altre storie come Frankeinstein o Robin Hood, hanno voluto rendere più vario questo mondo collegandolo ad altri. I personaggi della serie sono tanti, come anche in “Lost” del resto. Quasi tutti i protagonisti hanno la loro vita nel mondo delle favole e hanno, quindi, due identità.  Descriverli tutti, al momento, rende tutto ingarbugliato e posso dare spoiler a chi non ha ancora visto la serie. Per ora mi limito a descrivere grosso modo la storia nelle stagioni, dandovi qualche assaggio della terza. Nella trama vi riporto entrambi i nomi dei personaggi, così da capire il doppio ruolo degli attori. Attenzione SPOILER!!

La trama: Regina/ Sindaco Mills (Lana Parrilla), per vendicarsi di Biancaneve /Mary Margaret (Ginnifer Goodwin) e del Principe James “Azzurro”/ David Nolan (Josh Dallas), decide di gettare un sortilegio sul mondo delle favole. Questo sortilegio porta i protagonisti delle favole nel mondo reale, più specificatamente nella cittadina fantasiosa di Storybrook. Regina, in questo modo, può vivere il suo lieto fine mentre gli altri non possono. Infatti, gli altri personaggi non solo non hanno alcun ricordo della loro vita nelle favole ma conducono vite differenti. La magia a Storybrok non esiste, infatti Regina ha fatto in modo tale che gli altri non possano avvantaggiarsene. Solo Henry (Jared S. Gilmore), il figlio adottivo di Regina, capisce che c’è un collegamento tra il mondo delle favole e quello reale. Per questo si fa aiutare dalla sua madre naturale, Emma Swan (Jennifer Morrison) per svelare il mistero.
Nella seconda stagione il sortilegio è spezzato, la magia è tornata e i protagonisti hanno riacquistato la memoria. Storybrook viene scoperta al mondo esterno e quindi tutti i protagonisti devono cercare di celare nuovamente la città. Nel frattempo, alcuni protagonisti come Emma e Mary Margaret ritornano nel mondo delle favole per salvarlo. Nella terza stagione ritroviamo nuovamente Emma nel mondo delle favole, più precisamente nell’isola che non c’è insieme a Regina per salvare Henry dalle grinfie dei bambini sperduti.

Questa è l’ultima recensione dell’anno. Vi voglio ringraziare per l’attenzione mostratami e per il seguito. Vi invito ad iscrivervi sulla pagina facebook del blog scrivendo nella ricerca Nato da un desiderio. In questo modo siete sempre aggiornati su ciò che faccio e potete leggere gli articoli tramite i link. Vi auguro un Felice Anno Nuovo e che il vostro lieto fine si avveri!! All’anno prossimo con nuove recensioni! Enjoy!

22 dicembre 2013

Nightmare before Christmas - Una favola dark dal sapore natalizio


È arrivato il Natale! L’aria è frizzantina, l’albero luccica in salotto, i regali sono già stati fatti. Tutti coperti con sciarpe, cappelli, guanti andiamo in giro per sbrigare le ultime cose, tutto è pronto per una delle feste più belle dell’anno. Arriva la mattina di Natale e la prima cosa che si fa è scartare i regali. I bambini sono professionisti in questo, fantasticano su questo giorno già da mesi, immaginando avventure fantastiche per arrivare a scartare il dono tanto desiderato. E noi adulti immaginiamo ancora la magia del Natale? Purtroppo il Natale non è facile per molti di noi, la magia non la sentiamo più. Ma il cinema viene in nostro aiuto. La magica fabbrica dei sogni ha il potere di farci sentire meno soli, e per Natale ci fa ricordare quanto magica sia questa festa. Oggi voglio parlarvi di “Nightmare before Christmas”, opera di Tim Burton ma diretto da Henry Selick nel 1993. Per me è uno dei classici di Natale che non si possono non citare. Tim Burton, con questo film, ha tirato fuori il suo lato fanciullesco fatto di dolcezza e di avventure fantastiche. Anche se ritroviamo sempre lo stile dark tipico dei film di Tim Burton, si sposa benissimo con questa romantica storia natalizia. La voce di Jack Skeletron, nella traduzione italiana, è prestata nientepopodimeno che da Renato Zero!
 
 
Ciò aggiunge ancor più magia a questo film che, già di per sé, è magico. Il film ha una trama abbastanza semplice, lineare, ma ciò che lo rende unico non è tanto la storia ma le animazioni, le sfaccettature dei vari personaggi. Tutto è dato da un funzionamento ed un incastro unico, originale che colpisce al cuore grandi e piccini. “Nightmare before Christmas” è un film dolce, non ci sono scene violente ma nemmeno smielate, è un equilibrio perfetto di suspense ed amore. I personaggi sono ben delineati, i monologhi sono molto originali e sono tutti adattati perfettamente. I personaggi sono ben resi anche nell’animazione, anche se magari può essere un’animazione un po’ grottesca rispetto ad oggi, per l’epoca è stato un grandissimo risultato. Tutto è stato realizzato in stop motion, Tim Burton ha usato molto questa
tecnica in altri film, se ci fate caso. Il film è una parodia del poema “The night before Christmas”. Ciò che mi colpisce più di questo film è il suo messaggio. Nella sua semplicità insegna che la presenza di noi è importante, le persone che ci stanno accanto sono quelle cui dobbiamo avere più riguardo. Dobbiamo pensare che il lavoro che svolgiamo per qualcuno è davvero importante e che aspetta noi per avere quella magia della vita. Anche se ciò significa aspettare.

 
 La trama: Nel Paese di Halloween si festeggia sempre la festa più spaventosa dell’anno. A condurre i divertimenti è Jack Skeletron, il re della festa di Halloween. Ma Jack è stanco ed annoiato. La festa di Halloween non lo diverte più, vorrebbe qualcosa di diverso, che non sia scontato. Un giorno, mentre girovagava per la foresta, si ritrova in un punto mai visto. Ci sono degli alberi che Jack non aveva mai visto: sono gli “Alberi delle Feste più Liete”. Ogni albero ha una porta che conduce in un mondo in cui si festeggia una determinata festa. Jack sceglie la porta ad albero di Natale e viene catapultato nel mondo di Babbo Natale. Osservando Babbo Natale all’opera, Jack viene assorbito completamente dallo spirito natalizio. Ne diverrà così ossessionato che farà del Natale una visione distorta fino alla decisione più improbabile: diventare lui stesso Babbo Natale e prendere il suo posto. Ma le cose non andranno nel verso giusto, ma ad aiutarlo ci sono la dolcissima Sally, il trio composto da Vado, Vedo e Prendo ed il cane Zero.

Non mi resta che augurarvi Buon Natale e buone feste a tutti voi, nessuno escluso!!

15 dicembre 2013

Desperate housewives - Casalinghe annoiate ma non troppo

Che cosa fanno le casalinghe tutto il giorno? Puliscono, rassettano la casa, badano ai figli, preparano gustose cene ai mariti dopo una lunga giornata di lavoro …  Si riduce a questo? C’è altro nella vita di una casalinga? È davvero così noiosa la vita di una casalinga? Se vedete il serial “Desperate Housewives - I segreti di Wisteria Lane” avrete tutte le risposte alle vostre domande! Scoprirete che poi non è così noiosa come sembra la vita di una casalinga …

Desperate Housewives” è stata una serie tv fenomeno mondiale. Conta ben otto stagioni e racchiude elementi originali ma anche spunti da altre serie, in particolar modo da “Sex and the city”. Le protagoniste sono quattro donne, le quali dovranno affrontare una vita molto semplice e perfetta da spot pubblicitario, ma che in fondo perfetta non è. Quattro donne, tutte diverse tra loro per valori, per stile di vita, per tragedie personali ma che hanno in comune una sola cosa: l’amicizia. Un legame fortissimo nato da una semplice partita a poker settimanale e che le terrà unite fino alla fine. “Desperate Housewives - I segreti di Wisteria Lane” è stato innovativo come serial. Non racconta solo il mondo esaustivo e nevrotico delle casalinghe ma le loro sfaccettature femminili, diversissime per ogni protagonista ma che rivela sempre un dettaglio per capire il loro modo di vivere. Un serial di otto stagioni è piuttosto lungo, specie se per ogni stagione ritroviamo sempre le protagoniste alle prese con un segreto che nasconde un coprotagonista che appare, solitamente, in quella stagione.  Ho trovato molto originale la svolta dell’ultima stagione in cui sono le quattro donne a nascondere un segreto, conoscendolo così fin dall’inizio. In teoria le protagoniste sono cinque, ma una delle protagoniste, Mary Alice (Brenda Strong), nell’episodio pilota si suicida. Mary Alice rimarrà fino alla fine della serie come voce narrante. Ho apprezzato tantissimo i colpi di scena, i fuori scena di alcuni protagonisti, il rapporto di coppia nel matrimonio, la modernità dello spaccato sociale che è stato mostrato agli spettatori. Infatti lo spaccato sociale è molto interessante, si raccontano normalmente temi che ancora in Italia, nelle serie tv, sono tabù. Ci sono molte situazioni piuttosto trasgressive, come la relazione di Gabrielle (Eva Longoria) con il giardiniere sedicenne John Rowland o la relazione omosessuale tra Kathrine e la ex spogliarellista. Uno dei
colpi di scena più importanti è stato sicuramente l’inserimento della coppia gay Bob e Lee, che ha rotto il ghiaccio su questo tabù e fare da apripista per molte serie tv. Infatti ritroviamo in molte altre serie tv il rapporto matrimoniale gay, come in “Brohters & Sisters – Segreti di famiglia”, “Grey’s Anathomy” e via di seguito. I set della fantasiosa “Wisteria Lane” sono stati interamente costruiti, non si fa alcun riferimento a luoghi reali. Tra i produttori della serie ritroviamo lo scrittore David Grossman, anche se l’idea è stata di Marc Cherry che voleva raccontare la vita non noiosa delle casalinghe. Buona visione!!!!
 
 
 
La trama in poche righe: Wisteria Lane è un sobborgo periferico della città di Fairview. È un luogo residenziale tranquillo, tutti conducono una vita modesta e cordiale. Ma una mattina questo equilibrio viene sconvolto. Una delle casalinghe pilastro di Wisteria Lane, Mary Alice Young, si suicida sparandosi in testa. È uno shock per tutti, perché una donna tanto gentile e buona con tutti ha commesso un gesto tanto sconsiderato? È ciò che si chiedono le sue amiche Susan, Bree, Lynette e Gabrielle, sedute intorno al tavolo che avevano diviso tante volte con Mary Alice per giocare al poker settimanale. Ma la morte di Mary Alice non è stata dettata da un gesto folle, è stato un gesto disperato, frutto di un senso di colpa che ha macerato la donna per anni. Le quattro donne lo capiscono a poco a poco, vedendo il comportamento del figlio di Mary Alice e quello del marito Paul. Ma ciò che porterà Susan, Bree, Lynette e Gabrielle ad indagare è una lettera minatoria trovata tra i vestiti da donare di Mary Alice. “So cosa hai fatto. Mi dà alla nausea. Dirò tutto”. Che cosa nascondeva Mary Alice? Che cosa poteva aver fatto una donna amata dalla famiglia e dal vicinato? Forse la vita di Mary Alice non era così perfetta … come anche la vita delle quattro donne. Susan (Teri Hatcher) è stata abbandonata con la figlia dal marito fedifrago per farsela con la segretaria. Bree (Marcia Cross) è alle prese con la crisi tra lei, il marito e i figli per via della sua mania di perfezione e bigottismo. Lynette (Felicity Huffman) ha abbandonato il lavoro per badare a tutti i suoi figli e suo marito non le dà alcun aiuto visto che lavora continuamente. Gabrielle (Eva Longoria) vive un’esistenza annoiata, in passato è stata una modella e per non sentire il vuoto dell’assenza del marito decide di avere una relazione con il giardiniere sedicenne. Mary Alice non era l’unica, in fondo, a celare un segreto …
 

8 dicembre 2013

Cure – Una favola dark incantevole

Se mi chiedete qual’é la mia band preferita in assoluto io vi rispondo che sono i Cure. La band si affaccia sul panorama musicale niente di meno che nel 1979, per poi affermarsi come simbolo del genere rock dark negli anni ’80. Il loro sound, che inizialmente era molto sul pop rock, diventa genere di punta con l’aggiunta delle tastiere e delle atmosfere, che tipicizzano il loro sound rendendolo unico.
Si possono anche associare ai Bauhaus ma la differenza è nettamente sostanziale: i Cure creano uno sfogo con la musica e i testi, i Bauhaus creano un universo parallelo con musiche e parole. I pezzi dei Cure raccontano sempre un sentimento diverso, anche se in tutti i loro pezzi si connota il dolore, l’amore puro e il dolore della separazione, lo smarrimento di sé stessi. Il loro capolavoro rimarrà per sempre la trilogia dark, formata dagli album “Disintegration”, “Pornography” e “Bloodflowers”. Anche se questi tre album sono stati pubblicati in tempi diversi, racchiudono l’essenza più importante e fondante dei Cure, oltre che della storia della musica rock. Gli ultimi album, da “Wish” in poi, sono stati un po’ meno pregnanti, credo si sia persa un po’ di energia che ha caratterizzato i Cure per tutti questi anni. Nonostante tutto pezzi, come “Lost”, “The hungry ghost” e l’abum “4.13 AM” è un lavoro ben fatto, anche se mancano tantissimo le tastiere.
I Cure mi accompagnano dall’età di 14 anni. Mi hanno tenuto compagnia quando mi sentivo sola, vedevo tramutato in parole ciò che avevo dentro in quel determinato momento, mi sentivo e mi sento ancora tutt’ora rappresentata. Mi facevo forza ascoltando “Boys don’t cry” sforzandomi di non piangere per la tristezza che mi circondava, cercavo di non far morire il mio cuore come la ragazza di “Pictures of you”, mi piacciono ancora tanto le filastrocche di “High”, “Lullaby”, cercavo l’amore di “Catch” e di “This twilight garden”.
Ma ora, che l’amore l’ho trovato, trovo molto significativo e più che esaustivo “Lovesong”. Non credo ci sia altra canzone d’amore a tradurre in parole i miei sentimenti che provo per l’uomo amore della mia vita. E non c’è canzone più significativa di “A forest” per spiegare che è difficile perdersi nella foresta buia della vita oppure girovagando alla riva di un semplice lago si ritrova sé stessi come in “A strange day”. Ho imparato che pensare con la propria testa significa essere forti ma anche combattere continuamente, “Fight” è la canzone adatta a capirlo. E ci sono tante altre e non mi basta questo blog per spiegarlo, o forse non trovo le parole adatte ma solo le canzoni. La musica è linguaggio universale. “Because boys don’t cry”.
Raccomando l’ascolto della trilogia dark formata da “Disintegration”, “Pornography” e Bloodflowers”. Consiglio anche i live e le raccolte. Consiglio inoltre pezzi come “Fascination street”, “The hanging garden”, “Doin the unstock”, “Bloodflowers”, gli album “Wish” e “Three imaginary boys”.

4 dicembre 2013

Il treno per il Darjeeling


“…Chissà se noi tre avremmo potuto essere amici nella vita. Non come fratelli, ma come persone…”

Wes Anderson con questo film indaga ancora una volta le dinamiche familiari, più precisamente i rapporti tra fratelli. La storia si svolge tra i paesaggi suggestivi dell’India, e per molti versi la si finisce per fare propria  perché fa riflettere e fa pensare ai propri legami e a come farli rinsavire, o farli nascere lì dove non c’erano prima, a curarli costantemente. La Sociologia dice che la famiglia è la prima forma di società, subito dopo viene la scuola. La famiglia rappresenta un punto d’appoggio fondamentale nella vita di un individuo, avrà ripercussione per tutta la sua esistenza. Assenza o presenza della famiglia segnano l’individuo, il suo modo di essere, di rapportarsi con gli altri, anche nei rapporti sentimentali. Ma quando i rapporti degenerano cosa succede? Che cosa succede quando diventano malati, instabili, insopportabili e astiosi? E’ proprio su queste domande che Anderson si sofferma, raccontando la sua storia attraverso questi tre fratelli che, alternandosi, sono degli antieroi e degli eroi, eternamente adolescenti  rissosi  tra loro e con sé stessi: dei bambini sperduti.

Queste domande me le sono fatte spesso, sapete. La mia risposta è che i rapporti con e tra i familiari sono quelli più difficili da gestire, quelli più delicati perché influiscono su tutto ciò che facciamo e su chi incontriamo. Ma come si gestiscono le dinamiche familiari? Non credo che ci siano soluzioni “standard” perché ogni famiglia si basa su determinate regole, abitudini, si stabiliscono dei legami del tutto personali.  Bisogna “curare” ogni dinamica, analizzando ogni singolo aspetto. “Curare” è un termine forte, ma è anche il più adatto. I genitori hanno sempre un ruolo fondamentale nella famiglia, è proprio la loro presenza (o la loro assenza) che va a determinare le regole e le abitudini. Ma i genitori, proprio per amore profondo o per profondo egoismo sono la rovina più grande per i figli. Come si arriva a ciò? E perché? Questa è una domanda alla quale non so dare una risposta. Io credo che un genitore faccia del suo meglio per un figlio, non lo vedo come un mestiere e nemmeno come un ruolo o una qualità, è un modo di essere che può rivelarsi giusto o sbagliato. Nessuno nasce imparato, ma si cerca sempre di dare il meglio di sé in tutto e per tutto, anche se non sempre si riesce. Sono parole senza senso, parole vuote e crudeli ma è questo lo stato delle cose, che piaccia o meno. I genitori cercano delle vie alternative a volte, credendo che siano quelle giuste ma l’errore è sempre dietro l’angolo, specie se si proietta sul figlio ciò che si voleva diventare e non si è riusciti.

E sono proprio i genitori che creano il vuoto emotivo nei protagonisti.

La Trama. I tre fratelli Peter, Francis e Jack (interpretati da Adrien Brody, Owen Wilson e Jason Schwartzman) si riuniscono in India sul treno che è diretto a Darjieling. Peter e Jackvengono invitati da Francis: i tre non si parlano da molto tempo e la freddezza dei rapporti è anche dovuta alla recente morte del padre, che per eredità ha lasciato, tra le altre cose, delle valige che usava durante i  suoi viaggi. Francis, oltre ad invitare i fratelli per raccontare di come sia cambiata la sua vita dopo un terribile incidente in moto che lo ha quasi ucciso, ha come obiettivo finale di far ricongiungere tutta la famiglia in un monastero sperduto dove la madre (interpretata da Anjelica Huston) si è ritirata dopo la morte del marito. Tre personalità a confronto, tutte diverse tra loro con proprie tragedie personali e sfaccettature che, inevitabilmente, si scontreranno ma, cosa ancora più dura, sarà lo scontrarsi con l’educazione che gli è stata impartita in particolar modo dal padre, tanto che diventerà un peso del quale dovranno liberarsi ma non riescono. Il viaggio in India non solo rappresenterà un viaggio spirituale e introspettivo, ma un viaggio in cui verranno a galla tutti gli aspetti più belli di questi fratelli e di come, in fondo, il loro sia un legame che durerà per tutta la vita.  Correndo continuamente per non perdere il treno, l’incontro con una civiltà e costumi diversi dal loro, i tre scoprono come la vita continua e come è necessario lasciarsi alle spalle ciò che non è costruttivo per la propria.

27 novembre 2013

Match point – di Woody Allen

“Nola… Non è stato facile … Ma quando è arrivato il momento ho premuto il grilletto. Non sai mai chi siano i tuoi vicini finché  non c’è una crisi. Uno impara a nascondere la polvere sotto il tappeto e va avanti. Devi farlo. Altrimenti vieni travolto …"

Film per certi versi grottesco e drammatico, è un racconto in cui si mostra come il prezzo per avere un riscatto forzato dalla vita può essere una vera e propria condanna. Credo che con questo film Woody Allen abbia voluto insegnare come bisogna fare attenzione alle scelte che influenzano la nostra vita e come bisogna fare attenzione a voler desiderare ardentemente che il corso della propria vita assuma proprio quella piega. Ciò che mi ha sorpreso non è stato il comportamento della famiglia alto – borghese tipica della società inglese ma è il comportamento di Chris (interpretato da Jonathan Rhys Meyer), il protagonista del film. Le sue azioni, fino alla fine, sono a metà tra la congettura e la pura paura di perdere ciò che ha conquistato, rifiutando così un’esistenza mediocre. Ricorre a soluzioni spesso subdole per poter giustificare ciò che gli accade che, per una ragione o per l’altra, sembra davvero che il destino ci metta lo zampino. Il tutto si svolge in  una Londra per bene, con la sua aria aristocratica e da ombelico del mondo. Mi ha fatto riflettere molto questo film perché ciò che desideriamo, a volte, diviene non solo un’ossessione ma diviene la nostra rovina. E’ incredibile cosa si è disposti a fare per cambiare la propria vita, credo che per volere un cambiamento così radicale ci sia un odio di fondo per la propria origine, o meglio verso sé stessi. Ed è proprio questo il fulcro del film sul quale Woody Allen si concentra: perché è così importante sapere da dove viene qualcuno? Miei cari lettori potreste rispondere dicendo che è importante per sapere se la persona sia tranquilla, onesta, che sia circondata dalla gente giusta, che non abbia un lato oscuro. Ma a volte, il lato oscuro, si cela proprio in quelle persone che noi reputiamo oneste e tranquille. L’origine non è tutto, non va a precludere il comportamento e l’ambizione di una persona, in fondo le persone le conosciamo solo nei momenti di crisi.
 

Altro ruolo importante è quello di Nola (interpretata da Scarlett Johansson) che  rappresenta la tipica ragazza un po’ sopra le righe, accettata malvolentieri dalla borghesia inglese. Nola, nonostante tutto, è anche lei una vittima perché è l’emblema del rimanere sé stessi, accettando gli errori compiuti e cercando  di combattere con tutte le sue forze affinché gli altri non riescano a sopraffarla. E’ il personaggio più forte perché riesce a smascherare il protagonista. Non è questa la battaglia che tutti noi combattiamo ogni giorno? Cercare di non farci sopraffare dagli altri che vogliono solo sfruttarci? Nola però ci fa capire un’ulteriore cosa: trovato qualcuno che ci capisce e ci legge nell’anima è difficile lasciarlo andare, pertanto si accetta anche che ci sfrutti. Ma a tutto c’è un limite perché la forza per combattere è latente ed è in ognuno di noi.

La trama: Chris si trasferisce a Londra dall’Irlanda e trova lavoro come istruttore di tennis in un club borghese piuttosto rispettabile, aspettando l’occasione giusta per cambiare la sua vita monotona e mediocre. Tra i suoi allievi conosce Tom che lo prende subito in simpatia e, dopo l’allenamento, lo invita all’opera e a casa dei suoi genitori. Qui conosce la sorella di Tom, Chloe, e lei prova subito una forte attrazione per Chris. Durante un week end nella casa di campagna, Chris conosce Nola , la ragazza di Tom, e lui è attratto in modo magnetico da questa ragazza. Non potendo avere Nola, Chris si concentra su Chloe e i due cominciano ad avere una relazione che sfocia in una nuova e agiata vita sociale per Chris, a cominciare dal lavoro in una delle aziende del suocero, che lo ha preso in simpatia.  
Ma la fiamma per Nola non si spegne e la situazione ha una svolta durante un altro week end nella casa di campagna in cui, dopo un’accesa discussione con la suocera, Nola va a fare un giro nel grande maniero. Raggiunta da Chris per parlare i due fanno l’amore. Nola decide di chiudere la cosa, in fondo i due stanno per diventare cognati e subito dopo che Chris sposa Chloe, Tom lascia Nola per un’altra donna. Chris comincia a cercare Nola ma la ragazza sembra sparita nel nulla, fino a quando non la incontra ad una mostra e le chiede il numero di telefono. Il giorno dopo Chris e Nola si incontrano e cominciano la loro relazione clandestina che avrà un risvolto quando lei rimane incinta. Chris pretende l’aborto ma Nola si oppone: per lei sarebbe la terza interruzione della gravidanza, la prima volta avuta da ragazzina, la seconda con Tom e la terza per lei non esiste, per lei il bambino è frutto della passione che c’è tra lei e Chris. Chris comincia a sentirsi in trappola, la sua amante è incinta e sua moglie non riesce ad avere un bambino, entrambe pretendono molto da lui. Chris si ritrova ad un bivio in cui la scelta non è per nulla facile: lasciare Chloe per Nola significa perdere tutto, il lavoro, la posizione sociale; lasciare Nola per Chloe significa abbandonare anche il bambino che lei porta in grembo, Chloe verrebbe a conoscenza dell’adulterio del marito e la distruggerebbe. Le cose si fanno ancora più complicate quando, per allontanarsi da Chloe, Chris le mente dicendo che era in un viaggio con la moglie. Nola perde il controllo, si sente ferita e illusa dall’uomo che ama, inoltre è il padre di suo figlio, pretende che prenda la decisione di lasciare la moglie o sarà lei a dirlo a Chloe. Chris, messo alle strette, prenderà una decisione terribile che risolverà una volta per tutte la sua situazione complicata, ma avrà il senso di colpa che dovrà sopportare per tutta la vita.
 
 
 

24 novembre 2013

Dexter – L’epilogo di una storia


Il serial “Dexter” è giunto al termine. Siamo rimasti orfani da un serial che ha tenuto con fiato sospeso milioni di telespettatori. E’ ora di fare un punto della situazione.

ATTENZIONE: PERICOLO DI SPOILER!!!!!
Dexter” è stata un’innovazione delle serie tv poliziesche. È stata una delle idee più originali vedere le cose dalla parte opposta, anche se l’idea è tratta dal libro “La mano sinistra di Dio” di Jeff Lindsay . Però “Dexter” credo sia durato troppo, la bellezza originale si è persa nelle stagioni a venire. A mio avviso “Dexter” doveva terminare alla quinta stagione, le ultime tre stagioni sono state forzate, ho avvertito uno stacco non tanto di trama ma dei fattori psicologici che hanno reso famosa la serie. Sarebbe stato bello approfondire molti aspetti della vita di Dexter, molti aspetti psicologici che hanno ripreso nell’ottava (e ultima) stagione, anche se quest’ultima non è esente da strafalcioni. L’ultima stagione, sebbene è stata migliore rispetto alle ultime due ed ha ripreso i fattori psicologici e quegli aspetti iniziali che hanno reso “Dexter” uno dei telefilm più visti e seguiti, ha uno stacco nella serie stessa. Si può dividere benissimo la serie in tre pezzi: pezzo iniziale, pezzo di mezzo, pezzo finale. Non ho gradito per niente questo distacco, perché è un qualcosa che lo hanno tirato fuori per tutte le ultime stagioni, ma non solo. Non ho gradito neanche l’inserimento di scene tragicomiche che non credo c’entrassero più di tanto con il filone principale della storia.
Ho gradito moltissimo l’evoluzione dei personaggi di Debra (Jennifer Carpenter), di Dexter stesso e l’introduzione di Harry come figura di riferimento per Dexter. È stato molto forte e toccante l’evoluzione di Debra, perché è stato bello conoscere fino a che punto arrivi e prenda il sopravvento il suo senso di giustizia e come sia disposta a sacrificare tutto, ma proprio tutto, per chi ama. Mi è piaciuto la figura di Harry, un po’ come un padre che sa essere presente nei momenti più bui del figlio, una sorta di consigliere personale. Devo spendere qualcosa anche per le donne che Dexter ha incontrato nella sua vita.
 
     ·       Rita: (Julie Benz) sicuramente la donna più importante nella vita di Dexter. Gli dà Harrison, ma Rita è cieca e crede nell’uomo finto che Dexter ha creato. La sua morte crea in Dexter non solo una crisi mistica, ma una domanda che ha sempre avuto paura di porsi, cioè se poteva essere un uomo diverso, se poteva non essere un serial killer e se davvero può provare i sentimenti come gli altri uomini.
  ·       Lila: (Jaime Murray) è una donna negativa per Dexter, capisce che in lui vi è un lato oscuro e se ne nutre, perché anche lei ha un lato oscuro. È Lyla a coniare “l’oscuro passeggero” il negativo che c’è in Dexter, ma non considera che nutrirsi di negatività distrugge ancor di più, cosa che Dexter capisce quando scopre che lei è un’incendiaria.

  ·       Lumen: (Julia Stiles) la donna che Dexter incontra nel momento del dolore della perdita di Rita. Il loro avvicinamento, dettato anche dall’obiettivo che avevano in comune, è dato soprattutto dalla voglia di fuga dalle tragedie che li hanno colpiti. Ma ciò non dura perché Lumen non ha un vero e proprio passeggero oscuro, si tratta di oscurità che Dexter conserverà per sempre.

·       Hanna: (Yvonne Strahovsky) la donna perfetta per Dexter. Un’avvelenatrice, un rapporto che inizialmente non vede la fiducia da entrambe le parti perché sanno chi sono in realtà ma la passione che arde tra questi due esseri simili è troppo forte. Anche se Dexter le impone limiti forti che, in un primo momento mettono fine del rapporto, rappresenta dopo un’evoluzione. I sogni, la favola di una vita tranquilla e serena anima entrambi e pongono in Dexter la voglia di essere un uomo diverso, ma solo per poco.

·        Debra: (Jennifer Carpenter) la donna più importante per Dexter. L’unica per la quale vale la pena provare dei sentimenti. Dexter non sopporta averla distrutta, essere il cancro che la divora, non sopporta il senso di colpa nei suoi confronti. Il suo bisogno di essere giustificato da Debra lo divora, tanto da farne quasi un’ossessione, fino all’epilogo finale.
Nonostante tutto “Dexter” è stato un telefilm bellissimo, vale la pena guardarlo. È bello vedere le cose da un’altra prospettiva, è positivo che ogni serie non ha più di 12 puntate e non scade nel banale, nonostante tutto. Io lo consiglio perché è un telefilm che ha fatto la storia del poliziesco psicologico, ha creato un’innovazione che vale la pena conoscere. Avrei voluto un epilogo diverso, avrei voluto una serie più corta per mantenere la bellezza iniziale ma il telefilm è consigliabile lo stesso.

Buona visione!!!

20 novembre 2013

[Chiacchiere&Distintivo] Third Watch – Squadre emergenza: Il lavoro degli eroi


Con questa sezione vorrei parlarvi delle serie tv poliziesche che io amo tantissimo. Innanzitutto devo dire che sono molto meticolosa sulle serie tv poliziesche, non mi piacciono tutte perché, come nei film, cerco il particolare. Mi piacciono soprattutto quelle che hanno storie particolari, che hanno risvolti inaspettati, con storie forti e mai banali. Sono questi telefilm che mi fanno appassionare e immedesimare in loro, a voler sapere come reagirà quel personaggio, a farmi commuovere dinnanzi alle storie di tutti i giorni. Io penso che una serie tv del genere non colpisca per le storie forti, per protagonisti indistruttibili o terribilmente tormentati ma colpisce proprio per il racconto della quotidianità. E’ proprio la quotidianità che rende eroe un vigile del fuoco, un poliziotto, un paramedico o chiunque altro. Fare il proprio lavoro in modo vigile, costante, con precisione rappresenta ciò che la gente vuole vedere e la fa sognare. Io mi sono resa conto che la gente cerca un eroe che si distingua partendo dalla quotidianità, che sia vicino a lei perché sa di cosa ha bisogno effettivamente.


Third Wacht – Squadra Emergenza racconta proprio questo: le storie di tutti i giorni. Racconta le vicende quotidiane di poliziotti, paramedici e vigili del fuoco che, ogni giorno, devono affrontare situazioni pericolose, ci sono vite in gioco, c’è un criminale pericoloso in circolazione e va trovato e arrestato perché si deve evitare il male agli altri, un edificio in fiamme con gente intrappolata e via di seguito.

Ho sempre sostenuto (e continuerò a sostenere) che questi sono lavori logoranti. Sostengo questo perché vedere certe cose può essere già un trauma di per sé, vederlo quasi tutti i giorni fa sì che spesso non si accetta la realtà, perché ci si sente impotenti per certi avvenimenti. Ciò può distruggere una persona, la cambiano perché quelle certezze, quelle cose in cui si credeva prima non hanno più senso, possono crollare le certezze. C’è chi lascia il coniuge, chi rimane solo per scelta, chi non sopporta di vedere come vittime i bambini, chi ha rabbia repressa … sono mestieri in cui il proprio punto debole può portare alla distruzione di sé stessi. Third Watch – Squadra emergenza” è arrivata in Italia verso i primi anni 2000, è stato trasmesso inizialmente in prima serata con il nome “Camelot – Squadra Emergenza”, dopo è stato spostato in seconda serata con il nome di “Squadra emergenza” per poi avere il nome definitivo di “Third Watch – Squadra emergenza”. La serie dura per sei stagioni, è un po’ vecchiotta perché è iniziata nel 1999 e terminata nel 2005, mentre in Italia l’ultima stagione è stata trasmessa nel 2009.
 
E’ stata tra le prime serie ad avere molti protagonisti e il cast è sempre stato piuttosto vario (sono veramente pochi i protagonisti rimasti dalla prima all’ultima stagione). Il padre di questa serie tv è John Wells, lo stesso di “ER – Medici in prima linea” infatti c’è anche un cross over tra le due serie in cui la dottoressa Susan Lewis va a New York per ritrovare la sorella e la nipote scomparse e le indagini le conducono Bosco e Yokas. Nella terza stagione c’è una puntata dedicata all’11 settembre 2001, in cui si racconta la fine giornata del giorno prima e l’inizio dell’emergenza del giorno dopo. Questa puntata è stata speciale perché negli Stati Uniti ha preceduto un documentario sui fatti dell’11 settembre, è stato un modo degli autori per rendere onore ai vigili del fuoco caduti nella tragedia. Molte serie tv statunitensi sono state influenzate dagli avvenimenti dell’11 settembre, infatti alcune hanno fatto proprio puntate del genere, altre invece avevano girato delle scene ma mai fatte andare in onda ( a “Sex and the city”, ad esempio, Carrie non riesce a prendere la metro, le dicono che è chiusa per questioni di sicurezza non aggiungendo altro ma la scena è stata tagliata; tra l’altro è stata modificata anche la sigla perché faceva vedere le torri gemelle).
La trama e i protagonisti.
E’ il racconto quotidiano di una squadra di poliziotti di New York del distretto del 55° e dei vigili del fuoco con i paramedici. Quest’ultimi dividono la stazione con i vigili del fuoco e tutti sono posizionati tra le vie denominate King e Arthur: ecco perché l’insieme viene chiamato Camelot. La storia non riguarda solamente l’aspetto professionale ma anche le vite private dei vari protagonisti, che combattono ogni giorno contro il male.
I paramedici:
Carlos Nieto: paramedico dal carattere egocentrico ma dolce, è orfano ed è molto legato a Doc Parker, suo mentore. Alla fine si sposerà con la collega Holly e avrà con lei la famiglia sempre desiderata.
Monte “Doc” Parker: è il paramedico più anziano, mentore di Carlos. Aiuterà tantissimo anche Kim ma, tra gli eventi dell’11 settembre e la morte di Alex, Doc avrà un crollo emotivo che lo porterà ad un gesto estremo, segnando così la sua uscita di scena.
Kimberly “Kim” Zambrano: vive con il vigile del fuoco Jimmy alti e bassi, i due sono divorziati e hanno un figlio. Kim ha una forte depressione per la perdita del partner Bobby, ucciso da un suo carissimo amico. Alla fine della serie si riavvicinerà a Jimmy.
Grace Foster: è tra le ultime new entry del cast, paramedico dal carattere duro e scontroso, non accetta il trasferimento al Camelot inizialmente perché “è troppo noioso l’ambiente”. Si ricrederà e si lega al poliziotto Brendan Finney.
Holly Levine: subentra verso metà serie, è un paramedico molto particolare e lunatico, ha sempre nutrito un forte sentimento per Carlos fino a quando non si dichiara a lui apertamente. Si sposeranno a fine serie.
Roberto “Bobby” Cannavale: è il partner di Kim, è un uomo molto apprensivo e ha un debole per chi è in difficoltà. Verrà brutalmente ucciso dal suo amico d’infanzia mentre cercava di disintossicarlo.
 
Alexandra “Alex” Taylor: è l’unico personaggio che ricopre sia il ruolo di paramedico che di vigile del fuoco. E’ la figlia del capo dei vigili del fuoco, morirà tragicamente in un’esplosione dopo un incidente d’auto e ciò destabilizzerà mentalmente e definitivamente Doc Parker.
I vigili del fuoco:
Jimmy Doherty: è l’ex marito di Kim, un vigile del fuoco esemplare e che con Kim riuscirà a sistemare le cose verso la fine della serie. Esce di scena alla quinta stagione perché riceve una promozione e il trasferimento in un altro distretto.
William “Billy” Walsh: amico fraterno di Jimmy. Lui e Jimmy sono gli unici vigili del fuoco che hanno un ruolo centrale nella serie, alla fine della serie Billy diventerà capo dei vigili del fuoco.
I poliziotti:
Maurice “Bosco” Boscorelli: è il poliziotto e protagonista che rimarrà, con gli altri, fino alla fine della serie. E’ molto impulsivo, menefreghista ed irritante per molti aspetti ma non si tira mai indietro. Ha un rapporto d’amicizia e di fedeltà profonde con la sua partner, Faith Yokas, che verrà messo in crisi da Maritza Cruz,  tenente dell’anticrimine del distretto che con Bosco avrà una relazione finita male.
Faith Yokas: altra protagonista rimasta fino alla fine. Diventa poliziotta per necessità, doveva mantenere la famiglia e il marito non aveva un lavoro stabile per il suo problema con l’alcool. Vive con quest’ultimo un rapporto perennemente conflittuale, finché non si lasciano e lui darà la colpa del cambiamento della moglie anche a Bosco.
John “Sully” Sullivan”: è il poliziotto più anziano che farà da istruttore e da mentore a Ty Davis, figlio del suo defunto partner. All’inizio Sully è contrario ad avere Davis come suo partner ma tra i due si stabilirà un profondo rapporto di amicizia e di fiducia. Avrà una storia turbolenta con la russa Tatiana, finita poi tragicamente.
 
Tyrone “Ty” Davis: segue le orme del padre guadagnandosi il rispetto e la fiducia di tutti. Avrà un rapporto di amicizia con Sully e con Carlos Nieto, infatti i due diventano coinquilini. Avrà una relazione, con alti e bassi, con la poliziotta Sasha Monroe.
Maritza Cruz: tenente dell’anticrimine, è molto scaltra e fa veramente di tutto per incastrare il colpevoli, non è un poliziotto ortodosso. Dopo la morte della sorella per colpa di uno spacciatore diventa spietata e comincia una guerra al narcotraffico, portandosi dietro Bosco e causando guai enormi a Faith. Dopo l’incidente che ha coinvolto tutti e tre, durante un’operazione sotto copertura subisce uno stupro e da lì cambierà il suo atteggiamento, specie verso i colleghi. Entra nella terza stagione.
Sasha Monroe: è una poliziotta molto precisa e meticolosa, starà vicino a Cruz quando viene stuprata, era la sua partner nell’operazione sotto copertura. Successivamente si scopre che è una detective mandata dagli affari interni per incastrare la stessa Cruz e verrà odiata da tutto il dipartimento. Entra a metà serie.
Brendan Finney: figlio del capitano Finney, Brendan inizialmente è spavaldo e mal sopportato da Sully. Sarà Davis il suo istruttore e insieme formeranno una squadra formidabile. Entra nell’ultima stagione.
Robert “Bob” Wersky: dirige il dipartimento con grande professionalità, mostrando verso i suoi agenti una sensibilità e una dedizione uniche.