28 aprile 2014

Parliamo di musica - Leave's Eyes

I Leave’s Eyes è una band europea che nasce nel 2004. E’ un gruppo per alcuni versi mistico, con un alone di mistero e anche retrò, le loro tematiche trattano leggende europee e cultura celtica. Per questo motivo il loro genere viene definito “symphonic metal”. In molti non hanno approvato questa definizione perché per alcuni versi possono essere anche una band “viking metal” ma è errato perché, nonostante la potenza e il suono della batteria e delle chitarre, vi sono elementi della cultura celtica e della cultura classica.
I Leave’s Eyes è un gruppo che mi ha colpito fin dall’inizio, ciò che mi ha colpito subito è stata la dolcezza, caratterizzata in modo particolare dalla voce di Liv Christine. Ascoltando “Into your light” o “For Amelie” si denota come questo gruppo riesca a modulare la dolcezza dei sentimenti e dell’amore, è un qualcosa di esplosivo a volte. Molto importante e molto forte è il loro legame con le radici nordiche, infatti è ciò che contraddistingue questo gruppo rispetto agli altri: se si pensa ai Within Temptation, la cultura celtica ha dettato una notevole influenza che ha denotato un genere metal differente e che sorprende sempre. I Leave’s Eyes hanno un modo tutto loro nell’esprimere le loro emozioni, infatti ascoltando “Legend Land” o “Vinland Saga” fanno proprie le leggende nordiche e sono loro a parlare. Nei primi album si denota molto la vena romantica, ma l’identità vera e propria della band arriva con l’ultimo album, “Njord”, in cui le leggende prendono vita insieme ai sentimenti, sentendosi partecipi di quegli eroi leggendari di cui narrano.

I Leave’s Eyes mi fanno sognare! Li amo proprio per questo. Inizialmente possono sembrare ripetitivi o noiosi, ma leggendo i testi si cambia opinione. Pezzi come “Take the devil in me” o “Return to life” sono un vero inno, una forza poderosa che trasmettono dolcezza, forza e anche sensazione di pace. Nonostante siano nati dall’unione di più band (Liv Christine viene dai Theatre of Tragedy, gli altri vengono dagli Atrocity), il loro connubio è azzeccato. Ed è proprio il caso di dirlo visto che Liv e Alexander Krull sono sposati.  Il loro sound si perfeziona nella voce soave di Liv, facendo largo uso del vibrato, spesso accompagnata dalla voce di Alexander Krull. Vi sono elementi classici e altri puramente metal. E’ una band che va ascoltata e riascoltata perché a primo impatto non possono piacere proprio per la loro particolarità.

Forse è proprio questa particolarità che mi colpisce. Mi sono stati consigliati da un’amica di penna (o meglio di tastiera!) e da lì non ne ho potuto più farne a meno! Mi colpisce soprattutto il modo in cui hanno messo da parte il lavoro svolto fino a quel momento con le altre band. Quando si suona uno stesso genere per anni si tende ad omologarsi ai canoni perdendo di fantasia. Loro hanno messo in gioco tutto perché potevano anche fallire nel progetto e credo che sia questo che me li fanno piacere tanto: il mettersi in gioco sempre. Credo che sia una cosa che molte band non fanno, dettate da etichette musicali, contratti, giri d’affari… non tutto è rose e fiori nella musica, le major dettano legge. Chissà forse anche i Leave’s Eyes saranno nel giro, ma ogni album è sempre una sorpresa, c’è sempre qualcosa di diverso! Ascoltateli, meritano!


Pezzi consigliati: “Into your light”, “Take the devil in me”, “My destiny”, “Return to life”, “tales of the sea mad”, “Skraelings”, “The dream”, “Legend Land” e “Elegy”.

16 aprile 2014

S1m0ne - La finzione è reale

Il cinema negli anni è mutato parecchio. È passato dall’essere la fabbrica dei sogni aalla fabbrica degli effetti digitali. Adesso abbiamo una visione diversa del cinema, scalpitiamo nel vedere a che punto la tecnologia ci possa mostrare il film. Quando penso a questo mi sento nostalgica. Con tutta questa tecnologia mi manca vedere un film in “vecchio stile”! Un film dove non c’è bisogno di un grande supporto tecnologico, nel quale regna la semplicità e l’arte. Non che non mi dispiaccia vedere i film moderni, anzi. Io non sono di materia e non posso esprimermi in giudizi prettamente tecnici, ma sento questa mancanza. Alcuni film sono di grande impatto visivo, la tecnologia dà un grande contributo nella regia. Però non posso non dire che tutto ciò è altamente bello! Se ci fate caso adesso il film d’azione si vede almeno in 3D, i kolossal arrivano a costare più di un mutuo trentennale per l’apporto tecnologico, siamo diventati schifiltosi se gli effetti speciali non sono di un certo tipo. A pensare che tutto ciò è solo fantasia…

Oggi vi parlo di un film particolare, che ha fatto molto discutere: “S1m0ne”, scritto, diretto e prodotto da Andrew Niccol nel 2002. Al Pacino, il protagonista del film, è come sempre all’altezza delle situazioni. Ha saputo, con la sua grande maestria, interpretare il ruolo di Viktor Taransky dimostrando il lato oscuro di Hollywood. Un regista al lastrico, che vuol dare filo da torcere a chi lo ha dato a lui mediante la finzione. Ecco, è proprio questo il punto nevralgico della situazione, la finzione! La finzione del cinema investe anche gli attori, la loro vita. Tutti vogliamo sapere (chi più e chi meno) se quell’attrice è sposata con quell’attore, se sia impegnato socialmente, se sia uno sventurata, vogliamo sapere tutto sulla nostra beniamina preferita. Allora si scatena tutto il giro dello show business, si muove un circolo (o circo?) decisamente assurdo. Ma nella realtà tutto ciò è davvero come ci appare? Esiste realmente, è in carne e ossa così come lo vediamo? O la celluloide ha colpito anche l’esterno? Il film ruota tutto intorno a questa domanda. Fin dove riusciamo a capire il confine tra realtà e finzione? Tutto ciò ci viene difficile, c’è un confine così sottile da non riuscire a distinguere realtà e finzione. E come facciamo a venirne fuori? Lo accettiamo oppure lo neghiamo? La risposta spetta solo a noi.
Qualche curiosità! L’attrice digitale che vediamo nel film, “Simone”, è un attrice in carne e ossa. E’ una modella canadese, tale Rachel Roberts, che ha lavorato per le major delle agenzie di moda e sfilato per Ralph Lauren, Victoria’s Secret, Gap, Bottega Veneta, Ferré e Sisley. Ha inoltre recitato in alcune puntate come guest star di “Ugly Betty”, “Numbers”, “Flashforward”, “Entourage” ed altri.


La trama: Viktor Taransky (Al Pacino) è un regista in crisi. Da anni fa film senza successo e ora è stato scaricato dal suo produttore/ex moglie Elaine (Catherine Keener). In questa situazione viene avvicinato da un informatico, tale Hank Aleno (Elias Koteas), che ha studiato una simulazione del tutto originale. Il destino vuole che Hank muoia e che lasci in eredità proprio a Viktor questa simulazione: è così che nasce Simone (Rachel Roberts), abbreviazione di Simulation One. Inizia così il successo di Viktor! Tutti diventano pazzi per Simone, diventa un fenomeno mondiale. Ma nessuno si accorge che è digitale. E più va avanti la finzione e più aumenta la sua notorietà. Ma fin dove Viktor è disposto a spingersi? Tutto ciò può rivoltarsi contro di lui in ogni momento ma Viktor continua…

8 aprile 2014

The good girl - Routine o libertà assoluta?

La vita è complessa. Ci pone degli ostacoli che possono sembrare insormontabili. A volte la nostra stessa vita, quella che abbiamo voluto e desiderato tanto, quella per cui abbiamo lavorato, può sembrarci una prigione. O forse siamo noi a rendere la nostra vita una prigione. A volte facciamo scelte sbagliate oppure commettiamo azioni di cui ci rendiamo conto solo dopo del loro peso. E se ci trovassimo di fronte un bivio e non sapessimo che direzione prendere? Se avessimo di fronte la scelta della vita che potremmo avere e la scelta di continuare la vita che si sta conducendo fino a quel momento, che cosa sceglieremmo? A volte le decisioni più ovvie sono quelle più difficili da prendere.

Questo è il tema del film di oggi “The good girl” del 2002 di Miguel Arteta. Un film drammatico, intenso, in cui non ci si può non immedesimare in alcune parti. Questa insolita commedia a sfondo drammatico, è interpretata da una Jennifer Aniston insolita, innovativa nel ruolo di Justine. Chi è Justine? E’, donna trentenne che ha già alle spalle un matrimonio difficile per la mancanza di dialogo con il marito Phil, un desiderio di maternità che non riesce a realizzare, ponendola così davanti ad una crisi esistenziale. E proprio in questa crisi smette di essere “la brava ragazza” che tutti le riconoscono. Rompe i suoi schemi, rompe la sua routine ma per cosa? Per l’ebbrezza della libertà di vivere alla giornata o per liberarsi dei problemi che sono per lei insormontabili? Non posso darvi la risposta perché svelerei tutto il film. Ma posso dire questo: a volte, ciò che reputiamo noioso, stantio, troppo ordinario non è poi così sbagliato. A volte la vita che vorremmo non coincide con quella che viviamo, perché abbiamo in testa davvero un film. Arriva la realtà che muta questo aspetto e allora vediamo tutto da un’altra prospettiva. Più traumatico è accettare questa nuova prospettiva, possiamo accettarla inizialmente ma viverla e, quindi accettarla in pieno, è più complesso. Non è semplice vivere l’ordinario. Come non è semplice vivere perennemente nella fantasia. Holden, il personaggio cooprotagonista interpretato da un bravo Jake Gyllenhaal, non accetta la realtà. E’ un bambino nel corpo di un adulto, che vede Justine come donna della sua vita ma anche la donna che può curarlo, accudirlo, capirlo. Ha creato un mondo fantastico a tal punto da rifiutarsi di vivere nella realtà, e chi non accetta questo suo mondo lo reputa un nemico, un qualcuno cui trasmettere la propria rabbia e frustrazione.

La trama: Justine (Jennifer Aniston) è una donna trentenne, sposata con Phil (John C. Reilly) e lavora in un grande magazzino. La donna è in un momento particolare, comincia a non sopportare la sua routine. Gran parte della responsabilità la dà a Phil, che reputa colpevole di non riuscire a metterla incinta perché passa il tempo con l’amico Bubba (Tim Blake) a bere birra e a fumare spinelli. Tutto diventa inaspettato con l’arrivo di Thomas Worther detto Holden (Jake Gyllenhaal), come l’eroe del suo libro preferito che si porta sempre dietro. Holden ha un debole per Justine che non esita a mostrare. Justine va in crisi quando Holden si dichiara a lei e la sua amica e collega muore improvvisamente per aver mangiato delle more. Justine comincerà a rompere gli schemi, a non essere più “la brava ragazza” che tutti reputano che lei sia. Ma ciò fin dove la porterà? E’ davvero ciò che vuole? 

1 aprile 2014

Parliamo di musica - Il Gothic Metal

Il “Gothic Metal” rappresenta uno di quei generi che abbraccia moltissimo l’espressione del pensiero per quanto riguarda il considerare sé stessi. Genere che affonda le radici nel “Goth Rock”, è di origine scandinava e ciò è una delle caratteristiche più incisive. Questo non è un genere qualunque perché i vari artisti hanno portato un contributo del tutto personale, dando quel tocco in più che lo rende ancora più particolare. I pionieri del genere sono stati i Paradise Lost che con l’album “Lost Paradise” (e successivamente l’album “Gothic”), negli anni ‘90 hanno portato una vera e propria novità che ha coinvolto non solo le sonorità del “Doom Metal” ma ha rivoluzionato il panorama dell’epoca. E’ necessario parlare dei Type O Negative. Anche se per molti versi il loro sound si avvicina a quello dei Black Sabbath (è la loro band di ispirazione), la band ha rivoluzionato il “Gothic Metal” con la voce carismatica, profonda e cavernosa di Peter Steele, scomparso nell’aprile del 2010 dettando, così, lo scioglimento del gruppo. Le tematiche provocatorie e spesso ipnotiche, tristi, con lo spettro della morte dietro l’angolo e la lussuria onnipresente, ha portato un elemento che le band a venire ne hanno tenuto conto, ed è stato un’ulteriore ispirazione.
Il “Gothic Metal” o “Gothic” non è un genere per tutti perché non può piacere a primo impatto. Le sue tematiche, i suoi suoni lo rendono davvero unico e inconfondibile, nonostante vi sia la presenza e l’influenza delle “darkband. Le tematiche sono prese soprattutto dalla poesia cimiteriale inglese, la letteratura gotica del Settecento. Per intenderci, quella letteratura che nei propri romanzi parla della ricerca del sublime per far provare al lettore un piacere intenso nel leggere quelle storie, oltre a composizioni vere e proprie dei musicisti di versi incantevoli e aulici. Per me questa è una caratteristica che esprime non solo un pensiero ma soprattutto la personalità che è insita in ogni artista e in ogni musicista. Questo è un genere molto frammentato perché ci sono band che hanno accettato questa “etichetta” (anche se sarebbe improprio parlare di etichetta) di “Gothic band”, mentre altre non l’hanno accettata. E come non considerare ciò come un’espressione della propria personalità, cercare di farla considerare come unica nel suo genere e che non ha alcun bisogno di essere etichettata. Le etichette… è inevitabile, tutti quanti le mettiamo in tutto e in tutti.  Più le odiamo e più le usiamo, è inutile negarlo. Non si è mai liberi del tutto perché c’è sempre qualcosa che vorremo definire, dare un nome. In questo momento vi potreste ribellare a ciò che sto dicendo, disdegnate il mio discorso, non lo condividete. Ancora una volta vi invito a riflettere: non c’è stato un momento nella vostra vita in cui avreste voluto imporvi sulla scena? E nel modo di ribellarvi non c’è stato il pericolo di cadere nella definizione di uno stereotipo? Ho fatto mia la definizione di individuo della Psicologia, che credo che tutti dovremmo tenere a mente: “gli individui sono unici nel loro genere, non esiste al mondo un individuo uguale ad un altro”. Questa è per me la spiegazione di affermazione della personalità che si addice moltissimo alla definizione di questo genere.  Io lo adoro proprio per questo, è un’espressione veramente unica nel suo genere.

Ritornando al discorso, tra le sue caratteristiche musicali si ritrovano innanzitutto l’atmosfera che viene fatta dalle tastiere (peculiarità del genere) e le voci femminili. Per quanto riguarda le voci va fatto un discorso a parte perché ritroviamo la cosiddetta tecnica de “la bella e la bestia” introdotta dai Cradle of Filth e anche dai Theatre of Tragedy: voce pulita a tratti lirica femminile con lo scream, il growl maschile, spesso anche baritono. La voce femminile è piuttosto preminente, infatti la ritroviamo in quasi tutte le “Gothic” band e sono accompagnate da possenti e profonde voci maschili (ad esempio i Tristania). Va citato, inoltre, la tecnica diatatonica, tipica di band come i Leave’s Eyes, che prevede una voce femminile soffusa e delicata con la potenza del vibrato. Prima dicevo che ogni band ha portato un suo contributo: bisogna tenere conto il luogo di provenienza delle band perché il loro bagaglio culturale ha fatto un tutt’uno con questa musica. Tra le band che vengono più ricordate e citate per importanza e per sound ritroviamo: i Within Temptation (di origine olandese), la loro particolarità sta nell’aver messo insieme la tradizionale musica celtica con canti gregoriani, tirando fuori un mix chiamato “Symphonic”, i loro sono temi che prendono spunto dalla tradizione celtica. I Tristania (di origine norvegese), la loro particolarità sta nella voce femminile lirica e la voce maschile che in un primo tempo si alternava nel growl, nel pulito e nel lirico con accenni a canti gregoriani. Dopo l’addio di Morten Veland le cose sono cambiate, specie con l’addio di Vibeke Stene, che ha dettato nella band un vero e proprio cambiamento, per alcuni aspetti, radicale.
I Nightwish (di origine finlandese) che hanno condiviso lo stesso destino dei Tristania dopo l’abbandono di Tarja Turunen dal gruppo (accusatisi poi vicendevolmente della rottura via web), lasciando, così, il loro sound lirico – sinfonico e si sono buttati in un sound più rock con Annette Olzon, cosa che molti dei fan non hanno gradito. Recentemente, anche la Olzon ha detto addio alla band. Non ci resta che aspettare la nuova vocalist! Gli HIM (di origine finlandese) vanno citati per le loro tematiche bellissime sull’amore, infatti il loro stile è stato definito come “Love Metal”. Ora si sono allontanati parecchio dagli inizi, infatti è più un pop rock. I conterranei Lacuna Coil che hanno voce femminile e maschile pulite ed hanno riscosso un notevole successo sia in Europa che in Italia, ma il successo vero e proprio risiede negli Stati Uniti. Gli Evanescence (di origine statunitense), che hanno creato diversi problemi nella loro definizione e per molti aspetti si ispirano ai Lacuna Coil. Per alcuni versi sono “Gothic rock” per altri “Gothic Metal”, anche se la frontwoman Amy Lee ha ammesso che sono “Gothic Metal”.


Ci sarebbero ulteriori band da citare come gli Epica, i Leave’s Eyes, Theatre of Tragedy, i Cadaveria, Cradle of Filth, Moonspell, Sirenia, Paradise Lost, My Dying Bride, ecc. Da ricordare il filo conduttore con il “Black Metal” che, di recente, ha rappresentato un’ulteriore evoluzione del genere.