29 dicembre 2013

Once upon a time - Le favole sono reali!

Le favole sono racconti di avventure fantastiche, meravigliose, che attraggono sia grandi che piccini. Fanno immaginare scenari bellissimi perché la fantasia prende vita, è quasi impossibile fermarsi. E se il mondo delle favole incrociasse il mondo reale? Se le persone con cui parliamo in realtà sono i personaggi delle favole? Oggi vi parlo di “C’era una volta – Once upon a time”, serial tv che sta spopolando.

La serie tv statunitense per il momento conta quasi tre stagioni. In Italia, ancora, la terza stagione è inedita, mentre negli Stati Uniti è in corso. Questa serie tv mi piace tantissimo, è riuscita a dare equilibrio agli elementi fantastici con quelli reali. I creatori della serie tv sono Adam Horowitz ed Edward Kitsis, che avevano concepito la serie già da molto tempo prima di unirsi alla produzione di “Lost”. Infatti in “Once upon a time” ritroviamo i tipici flashback e flashforward di “Lost”. Anche se la serie, almeno fino a metà della seconda stagione, risulta un tantino caotica, perdere anche un solo dialogo significa perdere l’intero filo della storia. I flash nel mondo delle favole aiutano tantissimo a capire, ma questo cross over continuo tra futuro e passato spesso fanno confondere. Il mondo fantastico è stato reso molto bene, sia per quanto riguarda le storie che per gli effetti speciali. Per quanto riguarda le location, il mondo fantastico è un po’ penalizzato, il più delle volte si nota che è fatto con la computer grafica. Per il resto, le location all’aperto come le foreste o il mare aperto sono davvero ben rese. Per le favole il discorso è un po’ articolato.
Le favole sono prese sia dalla tradizione che dal mondo Disney, come ad esempio Mulan, Biancaneve. Anche se gli autori hanno preso anche da altre storie come Frankeinstein o Robin Hood, hanno voluto rendere più vario questo mondo collegandolo ad altri. I personaggi della serie sono tanti, come anche in “Lost” del resto. Quasi tutti i protagonisti hanno la loro vita nel mondo delle favole e hanno, quindi, due identità.  Descriverli tutti, al momento, rende tutto ingarbugliato e posso dare spoiler a chi non ha ancora visto la serie. Per ora mi limito a descrivere grosso modo la storia nelle stagioni, dandovi qualche assaggio della terza. Nella trama vi riporto entrambi i nomi dei personaggi, così da capire il doppio ruolo degli attori. Attenzione SPOILER!!

La trama: Regina/ Sindaco Mills (Lana Parrilla), per vendicarsi di Biancaneve /Mary Margaret (Ginnifer Goodwin) e del Principe James “Azzurro”/ David Nolan (Josh Dallas), decide di gettare un sortilegio sul mondo delle favole. Questo sortilegio porta i protagonisti delle favole nel mondo reale, più specificatamente nella cittadina fantasiosa di Storybrook. Regina, in questo modo, può vivere il suo lieto fine mentre gli altri non possono. Infatti, gli altri personaggi non solo non hanno alcun ricordo della loro vita nelle favole ma conducono vite differenti. La magia a Storybrok non esiste, infatti Regina ha fatto in modo tale che gli altri non possano avvantaggiarsene. Solo Henry (Jared S. Gilmore), il figlio adottivo di Regina, capisce che c’è un collegamento tra il mondo delle favole e quello reale. Per questo si fa aiutare dalla sua madre naturale, Emma Swan (Jennifer Morrison) per svelare il mistero.
Nella seconda stagione il sortilegio è spezzato, la magia è tornata e i protagonisti hanno riacquistato la memoria. Storybrook viene scoperta al mondo esterno e quindi tutti i protagonisti devono cercare di celare nuovamente la città. Nel frattempo, alcuni protagonisti come Emma e Mary Margaret ritornano nel mondo delle favole per salvarlo. Nella terza stagione ritroviamo nuovamente Emma nel mondo delle favole, più precisamente nell’isola che non c’è insieme a Regina per salvare Henry dalle grinfie dei bambini sperduti.

Questa è l’ultima recensione dell’anno. Vi voglio ringraziare per l’attenzione mostratami e per il seguito. Vi invito ad iscrivervi sulla pagina facebook del blog scrivendo nella ricerca Nato da un desiderio. In questo modo siete sempre aggiornati su ciò che faccio e potete leggere gli articoli tramite i link. Vi auguro un Felice Anno Nuovo e che il vostro lieto fine si avveri!! All’anno prossimo con nuove recensioni! Enjoy!

22 dicembre 2013

Nightmare before Christmas - Una favola dark dal sapore natalizio


È arrivato il Natale! L’aria è frizzantina, l’albero luccica in salotto, i regali sono già stati fatti. Tutti coperti con sciarpe, cappelli, guanti andiamo in giro per sbrigare le ultime cose, tutto è pronto per una delle feste più belle dell’anno. Arriva la mattina di Natale e la prima cosa che si fa è scartare i regali. I bambini sono professionisti in questo, fantasticano su questo giorno già da mesi, immaginando avventure fantastiche per arrivare a scartare il dono tanto desiderato. E noi adulti immaginiamo ancora la magia del Natale? Purtroppo il Natale non è facile per molti di noi, la magia non la sentiamo più. Ma il cinema viene in nostro aiuto. La magica fabbrica dei sogni ha il potere di farci sentire meno soli, e per Natale ci fa ricordare quanto magica sia questa festa. Oggi voglio parlarvi di “Nightmare before Christmas”, opera di Tim Burton ma diretto da Henry Selick nel 1993. Per me è uno dei classici di Natale che non si possono non citare. Tim Burton, con questo film, ha tirato fuori il suo lato fanciullesco fatto di dolcezza e di avventure fantastiche. Anche se ritroviamo sempre lo stile dark tipico dei film di Tim Burton, si sposa benissimo con questa romantica storia natalizia. La voce di Jack Skeletron, nella traduzione italiana, è prestata nientepopodimeno che da Renato Zero!
 
 
Ciò aggiunge ancor più magia a questo film che, già di per sé, è magico. Il film ha una trama abbastanza semplice, lineare, ma ciò che lo rende unico non è tanto la storia ma le animazioni, le sfaccettature dei vari personaggi. Tutto è dato da un funzionamento ed un incastro unico, originale che colpisce al cuore grandi e piccini. “Nightmare before Christmas” è un film dolce, non ci sono scene violente ma nemmeno smielate, è un equilibrio perfetto di suspense ed amore. I personaggi sono ben delineati, i monologhi sono molto originali e sono tutti adattati perfettamente. I personaggi sono ben resi anche nell’animazione, anche se magari può essere un’animazione un po’ grottesca rispetto ad oggi, per l’epoca è stato un grandissimo risultato. Tutto è stato realizzato in stop motion, Tim Burton ha usato molto questa
tecnica in altri film, se ci fate caso. Il film è una parodia del poema “The night before Christmas”. Ciò che mi colpisce più di questo film è il suo messaggio. Nella sua semplicità insegna che la presenza di noi è importante, le persone che ci stanno accanto sono quelle cui dobbiamo avere più riguardo. Dobbiamo pensare che il lavoro che svolgiamo per qualcuno è davvero importante e che aspetta noi per avere quella magia della vita. Anche se ciò significa aspettare.

 
 La trama: Nel Paese di Halloween si festeggia sempre la festa più spaventosa dell’anno. A condurre i divertimenti è Jack Skeletron, il re della festa di Halloween. Ma Jack è stanco ed annoiato. La festa di Halloween non lo diverte più, vorrebbe qualcosa di diverso, che non sia scontato. Un giorno, mentre girovagava per la foresta, si ritrova in un punto mai visto. Ci sono degli alberi che Jack non aveva mai visto: sono gli “Alberi delle Feste più Liete”. Ogni albero ha una porta che conduce in un mondo in cui si festeggia una determinata festa. Jack sceglie la porta ad albero di Natale e viene catapultato nel mondo di Babbo Natale. Osservando Babbo Natale all’opera, Jack viene assorbito completamente dallo spirito natalizio. Ne diverrà così ossessionato che farà del Natale una visione distorta fino alla decisione più improbabile: diventare lui stesso Babbo Natale e prendere il suo posto. Ma le cose non andranno nel verso giusto, ma ad aiutarlo ci sono la dolcissima Sally, il trio composto da Vado, Vedo e Prendo ed il cane Zero.

Non mi resta che augurarvi Buon Natale e buone feste a tutti voi, nessuno escluso!!

15 dicembre 2013

Desperate housewives - Casalinghe annoiate ma non troppo

Che cosa fanno le casalinghe tutto il giorno? Puliscono, rassettano la casa, badano ai figli, preparano gustose cene ai mariti dopo una lunga giornata di lavoro …  Si riduce a questo? C’è altro nella vita di una casalinga? È davvero così noiosa la vita di una casalinga? Se vedete il serial “Desperate Housewives - I segreti di Wisteria Lane” avrete tutte le risposte alle vostre domande! Scoprirete che poi non è così noiosa come sembra la vita di una casalinga …

Desperate Housewives” è stata una serie tv fenomeno mondiale. Conta ben otto stagioni e racchiude elementi originali ma anche spunti da altre serie, in particolar modo da “Sex and the city”. Le protagoniste sono quattro donne, le quali dovranno affrontare una vita molto semplice e perfetta da spot pubblicitario, ma che in fondo perfetta non è. Quattro donne, tutte diverse tra loro per valori, per stile di vita, per tragedie personali ma che hanno in comune una sola cosa: l’amicizia. Un legame fortissimo nato da una semplice partita a poker settimanale e che le terrà unite fino alla fine. “Desperate Housewives - I segreti di Wisteria Lane” è stato innovativo come serial. Non racconta solo il mondo esaustivo e nevrotico delle casalinghe ma le loro sfaccettature femminili, diversissime per ogni protagonista ma che rivela sempre un dettaglio per capire il loro modo di vivere. Un serial di otto stagioni è piuttosto lungo, specie se per ogni stagione ritroviamo sempre le protagoniste alle prese con un segreto che nasconde un coprotagonista che appare, solitamente, in quella stagione.  Ho trovato molto originale la svolta dell’ultima stagione in cui sono le quattro donne a nascondere un segreto, conoscendolo così fin dall’inizio. In teoria le protagoniste sono cinque, ma una delle protagoniste, Mary Alice (Brenda Strong), nell’episodio pilota si suicida. Mary Alice rimarrà fino alla fine della serie come voce narrante. Ho apprezzato tantissimo i colpi di scena, i fuori scena di alcuni protagonisti, il rapporto di coppia nel matrimonio, la modernità dello spaccato sociale che è stato mostrato agli spettatori. Infatti lo spaccato sociale è molto interessante, si raccontano normalmente temi che ancora in Italia, nelle serie tv, sono tabù. Ci sono molte situazioni piuttosto trasgressive, come la relazione di Gabrielle (Eva Longoria) con il giardiniere sedicenne John Rowland o la relazione omosessuale tra Kathrine e la ex spogliarellista. Uno dei
colpi di scena più importanti è stato sicuramente l’inserimento della coppia gay Bob e Lee, che ha rotto il ghiaccio su questo tabù e fare da apripista per molte serie tv. Infatti ritroviamo in molte altre serie tv il rapporto matrimoniale gay, come in “Brohters & Sisters – Segreti di famiglia”, “Grey’s Anathomy” e via di seguito. I set della fantasiosa “Wisteria Lane” sono stati interamente costruiti, non si fa alcun riferimento a luoghi reali. Tra i produttori della serie ritroviamo lo scrittore David Grossman, anche se l’idea è stata di Marc Cherry che voleva raccontare la vita non noiosa delle casalinghe. Buona visione!!!!
 
 
 
La trama in poche righe: Wisteria Lane è un sobborgo periferico della città di Fairview. È un luogo residenziale tranquillo, tutti conducono una vita modesta e cordiale. Ma una mattina questo equilibrio viene sconvolto. Una delle casalinghe pilastro di Wisteria Lane, Mary Alice Young, si suicida sparandosi in testa. È uno shock per tutti, perché una donna tanto gentile e buona con tutti ha commesso un gesto tanto sconsiderato? È ciò che si chiedono le sue amiche Susan, Bree, Lynette e Gabrielle, sedute intorno al tavolo che avevano diviso tante volte con Mary Alice per giocare al poker settimanale. Ma la morte di Mary Alice non è stata dettata da un gesto folle, è stato un gesto disperato, frutto di un senso di colpa che ha macerato la donna per anni. Le quattro donne lo capiscono a poco a poco, vedendo il comportamento del figlio di Mary Alice e quello del marito Paul. Ma ciò che porterà Susan, Bree, Lynette e Gabrielle ad indagare è una lettera minatoria trovata tra i vestiti da donare di Mary Alice. “So cosa hai fatto. Mi dà alla nausea. Dirò tutto”. Che cosa nascondeva Mary Alice? Che cosa poteva aver fatto una donna amata dalla famiglia e dal vicinato? Forse la vita di Mary Alice non era così perfetta … come anche la vita delle quattro donne. Susan (Teri Hatcher) è stata abbandonata con la figlia dal marito fedifrago per farsela con la segretaria. Bree (Marcia Cross) è alle prese con la crisi tra lei, il marito e i figli per via della sua mania di perfezione e bigottismo. Lynette (Felicity Huffman) ha abbandonato il lavoro per badare a tutti i suoi figli e suo marito non le dà alcun aiuto visto che lavora continuamente. Gabrielle (Eva Longoria) vive un’esistenza annoiata, in passato è stata una modella e per non sentire il vuoto dell’assenza del marito decide di avere una relazione con il giardiniere sedicenne. Mary Alice non era l’unica, in fondo, a celare un segreto …
 

8 dicembre 2013

Cure – Una favola dark incantevole

Se mi chiedete qual’é la mia band preferita in assoluto io vi rispondo che sono i Cure. La band si affaccia sul panorama musicale niente di meno che nel 1979, per poi affermarsi come simbolo del genere rock dark negli anni ’80. Il loro sound, che inizialmente era molto sul pop rock, diventa genere di punta con l’aggiunta delle tastiere e delle atmosfere, che tipicizzano il loro sound rendendolo unico.
Si possono anche associare ai Bauhaus ma la differenza è nettamente sostanziale: i Cure creano uno sfogo con la musica e i testi, i Bauhaus creano un universo parallelo con musiche e parole. I pezzi dei Cure raccontano sempre un sentimento diverso, anche se in tutti i loro pezzi si connota il dolore, l’amore puro e il dolore della separazione, lo smarrimento di sé stessi. Il loro capolavoro rimarrà per sempre la trilogia dark, formata dagli album “Disintegration”, “Pornography” e “Bloodflowers”. Anche se questi tre album sono stati pubblicati in tempi diversi, racchiudono l’essenza più importante e fondante dei Cure, oltre che della storia della musica rock. Gli ultimi album, da “Wish” in poi, sono stati un po’ meno pregnanti, credo si sia persa un po’ di energia che ha caratterizzato i Cure per tutti questi anni. Nonostante tutto pezzi, come “Lost”, “The hungry ghost” e l’abum “4.13 AM” è un lavoro ben fatto, anche se mancano tantissimo le tastiere.
I Cure mi accompagnano dall’età di 14 anni. Mi hanno tenuto compagnia quando mi sentivo sola, vedevo tramutato in parole ciò che avevo dentro in quel determinato momento, mi sentivo e mi sento ancora tutt’ora rappresentata. Mi facevo forza ascoltando “Boys don’t cry” sforzandomi di non piangere per la tristezza che mi circondava, cercavo di non far morire il mio cuore come la ragazza di “Pictures of you”, mi piacciono ancora tanto le filastrocche di “High”, “Lullaby”, cercavo l’amore di “Catch” e di “This twilight garden”.
Ma ora, che l’amore l’ho trovato, trovo molto significativo e più che esaustivo “Lovesong”. Non credo ci sia altra canzone d’amore a tradurre in parole i miei sentimenti che provo per l’uomo amore della mia vita. E non c’è canzone più significativa di “A forest” per spiegare che è difficile perdersi nella foresta buia della vita oppure girovagando alla riva di un semplice lago si ritrova sé stessi come in “A strange day”. Ho imparato che pensare con la propria testa significa essere forti ma anche combattere continuamente, “Fight” è la canzone adatta a capirlo. E ci sono tante altre e non mi basta questo blog per spiegarlo, o forse non trovo le parole adatte ma solo le canzoni. La musica è linguaggio universale. “Because boys don’t cry”.
Raccomando l’ascolto della trilogia dark formata da “Disintegration”, “Pornography” e Bloodflowers”. Consiglio anche i live e le raccolte. Consiglio inoltre pezzi come “Fascination street”, “The hanging garden”, “Doin the unstock”, “Bloodflowers”, gli album “Wish” e “Three imaginary boys”.

4 dicembre 2013

Il treno per il Darjeeling


“…Chissà se noi tre avremmo potuto essere amici nella vita. Non come fratelli, ma come persone…”

Wes Anderson con questo film indaga ancora una volta le dinamiche familiari, più precisamente i rapporti tra fratelli. La storia si svolge tra i paesaggi suggestivi dell’India, e per molti versi la si finisce per fare propria  perché fa riflettere e fa pensare ai propri legami e a come farli rinsavire, o farli nascere lì dove non c’erano prima, a curarli costantemente. La Sociologia dice che la famiglia è la prima forma di società, subito dopo viene la scuola. La famiglia rappresenta un punto d’appoggio fondamentale nella vita di un individuo, avrà ripercussione per tutta la sua esistenza. Assenza o presenza della famiglia segnano l’individuo, il suo modo di essere, di rapportarsi con gli altri, anche nei rapporti sentimentali. Ma quando i rapporti degenerano cosa succede? Che cosa succede quando diventano malati, instabili, insopportabili e astiosi? E’ proprio su queste domande che Anderson si sofferma, raccontando la sua storia attraverso questi tre fratelli che, alternandosi, sono degli antieroi e degli eroi, eternamente adolescenti  rissosi  tra loro e con sé stessi: dei bambini sperduti.

Queste domande me le sono fatte spesso, sapete. La mia risposta è che i rapporti con e tra i familiari sono quelli più difficili da gestire, quelli più delicati perché influiscono su tutto ciò che facciamo e su chi incontriamo. Ma come si gestiscono le dinamiche familiari? Non credo che ci siano soluzioni “standard” perché ogni famiglia si basa su determinate regole, abitudini, si stabiliscono dei legami del tutto personali.  Bisogna “curare” ogni dinamica, analizzando ogni singolo aspetto. “Curare” è un termine forte, ma è anche il più adatto. I genitori hanno sempre un ruolo fondamentale nella famiglia, è proprio la loro presenza (o la loro assenza) che va a determinare le regole e le abitudini. Ma i genitori, proprio per amore profondo o per profondo egoismo sono la rovina più grande per i figli. Come si arriva a ciò? E perché? Questa è una domanda alla quale non so dare una risposta. Io credo che un genitore faccia del suo meglio per un figlio, non lo vedo come un mestiere e nemmeno come un ruolo o una qualità, è un modo di essere che può rivelarsi giusto o sbagliato. Nessuno nasce imparato, ma si cerca sempre di dare il meglio di sé in tutto e per tutto, anche se non sempre si riesce. Sono parole senza senso, parole vuote e crudeli ma è questo lo stato delle cose, che piaccia o meno. I genitori cercano delle vie alternative a volte, credendo che siano quelle giuste ma l’errore è sempre dietro l’angolo, specie se si proietta sul figlio ciò che si voleva diventare e non si è riusciti.

E sono proprio i genitori che creano il vuoto emotivo nei protagonisti.

La Trama. I tre fratelli Peter, Francis e Jack (interpretati da Adrien Brody, Owen Wilson e Jason Schwartzman) si riuniscono in India sul treno che è diretto a Darjieling. Peter e Jackvengono invitati da Francis: i tre non si parlano da molto tempo e la freddezza dei rapporti è anche dovuta alla recente morte del padre, che per eredità ha lasciato, tra le altre cose, delle valige che usava durante i  suoi viaggi. Francis, oltre ad invitare i fratelli per raccontare di come sia cambiata la sua vita dopo un terribile incidente in moto che lo ha quasi ucciso, ha come obiettivo finale di far ricongiungere tutta la famiglia in un monastero sperduto dove la madre (interpretata da Anjelica Huston) si è ritirata dopo la morte del marito. Tre personalità a confronto, tutte diverse tra loro con proprie tragedie personali e sfaccettature che, inevitabilmente, si scontreranno ma, cosa ancora più dura, sarà lo scontrarsi con l’educazione che gli è stata impartita in particolar modo dal padre, tanto che diventerà un peso del quale dovranno liberarsi ma non riescono. Il viaggio in India non solo rappresenterà un viaggio spirituale e introspettivo, ma un viaggio in cui verranno a galla tutti gli aspetti più belli di questi fratelli e di come, in fondo, il loro sia un legame che durerà per tutta la vita.  Correndo continuamente per non perdere il treno, l’incontro con una civiltà e costumi diversi dal loro, i tre scoprono come la vita continua e come è necessario lasciarsi alle spalle ciò che non è costruttivo per la propria.