18 maggio 2014

Chiacchiere&Distintivo - The following

Oggi ritorno ai miei amati telefilm polizieschi! Era da tanto che non ne parlavo vero? Dopo essere andata in crisi mistica per il finale della serie di "Dexter" ho cercato in lungo e in largo un nuovo telefilm poliziesco con molta suspence. Le mie ricerche sono state premiate con "The following". Sebbene sia nuovo nel panorama tv, "The following" conta già due stagioni, in attesa della terza.
"The following" non è semplice, per alcuni versi è una versione di Dexter 2.0. La trama non è semplice, le puntate sono molto intense e perdere un solo passaggio significa perdere l'intero filo del discorso. Mi hanno colpito molto i colpi di scena, la storia, l'intrigo. Devo dire che in alcune parti il telefilm è violento, infatti consiglio il telefilm per chi ha lo stomaco forte e magari ha già visto "Dexter" ed è abituato ad un certo tipo di scene. "The following" non risparmia nulla allo spettatore, che rimane avvinghiato alla poltrona a chiedersi e a pensare quale sarà la mossa di Joe Carrol e quale la risposta di Ryan Hardy, cosa succederà da qui alla fine della puntata. Si rimane incollati, ve l'assicuro! Mi hanno colpito tanto le dinamiche delle sette religiose, dei seguaci di un serial killer, cosa scatta nella mente di una persona per spingerla ad uccidere ancora e ancora. Non mette la solita storia della setta di killer o di pazzi esaltati che vogliono imitare il loro idolo, è di più. Si crea un legame tra i vari killer e aspiranti serial killer a dir poco malato. Nonostante loro lo vedano come un qualcosa di normale perché si sentono capiti, compresi, non devono più nascondersi, è un rapporto malato."The following" è un telefilm diverso, particolare perché non fa le cose a caso. I temi in "The following" sono molto ricercati, si parte da Edgar Allan Poe per poi finire nelle linee sottili della religione. 

Il cast è stato scelto con molta cura. Vediamo nei panni dell'agente dell'FBI Ryan Hardy un egregio Kevin Bacon (Animal House, Tremors), che si trova a suo agio a interpretare un ruolo molto complesso e intricato quale è il suo personaggio. Nei panni del serial killer / mentore Joe Carrol ritroviamo James Purefoy (La fiera delle vanità, Resident evil), un ruolo non semplice ma che lo interpreta con grande maestria. Nonostante si segua la stregua della lotta del bene contro il male, il paladino contro il cattivo, i ruoli sono di per sè simili, come se Ryan Hardy e Joe Carrol siano complementari e se venisse a mancare uno verrà a mancare anche l'altro. Gli altri attori non sono da meno, a partire da Valerie Currry nel ruolo di Emma Hill, Sam Underwood nel doppio ruolo dei gemelli Luke e Mark, Jessica Stroup nel ruolo di Max Hardy e Shawn Ashmore nel ruolo di Mike Weston

Non mi dilungo, vi auguro una buona visione!

La trama, come ha inizio "The following": Joe Carrol, serial killer di 14 ragazze collegiali, è evaso dal Virginia Central Penitentiary, dove vi era rinchiuso dal 2003. Ryan Hardy viene richiamato in servizio, lui è stato l'agente che ha seguito il caso di Carrol, è quello che conosce meglio le sue mosse. Tra l'altro è anche l'autore del libro "Poetica di un killer" in cui racconta il caso di Carrol. Ryan Hardy, sebbene non sia più nell'FBI per via di una disabilità che gli ha provocato lo stesso Carrol, decide di ritornare in servizio. Ma le cose non sono per niente semplici. Dovrà scontrarsi con la titubanza dei colleghi per via del suo alcolismo, deve cercare di far capire che sono tutti in pericolo, a partire dalla ex moglie di Joe Carrol, Claire Matthews (Natalie Zea) e il figlio Joey, fino all'unica ragazza superstite Sarah Fuller. Sebbene i modi di Ryan Hardy non siano proprio ortodossi, l'agente Mike Weston e Debra Parker (Annie Parisse) saranno coloro i quali gli daranno fiducia e seguiranno ciecamente le sue direttive. Ma ciò che ha in mente Joe Carrol è troppo grande. Carrol ha un seguito di assassini, di fans, disposti a tutto per permettere al loro "beniamino" di riprendersi la vita che Ryan Hardy gli ha tolto. Questi "follower" sono dappertutto e possono essere chiunque, a cominciare dalla baby - sitter di Claire, Denise Harris alias Emma Hill, che rapisce il piccolo Joey, fino ad arrivare all'FBI. Ryan Hardy capisce, così, che è un gioco di strategia e deve arrivare per primo se vuole salvare le persone finite in questo gioco contorto. 

11 maggio 2014

Insidious - Ci credi ad alcune esperienze?

Ci credete al soprannaturale? Io sì, nonostante sia una persona molto razionale. Credo nelle entità, credo alle possessioni, ai fantasmi. Non vedo il motivo perché non debbano manifestarsi fenomeni del genere. Certo, non sono una che vede pericoli ovunque, la mia razionalità si spinge fino ai miei sogni. Io credo che alcuni fenomeni siano solo lo strascico di forti emozioni che una persona ha vissuto nella vita, sia nel bene che nel male. Credo che ci siano persone dotate che abbiano il compito di guidarci in questi cammini particolari. Ed è ciò che succede nella storia del film di cui voglio parlarvi oggi.
"Insidious" uscito nel 2010, diretto da James Wan e sceneggiato da Leigh Whannel (nonché una dei protagonisti), è un film sul paranormale ma un pò particolare. Il sequel uscito lo scorso anno ha confermato la particolarità di questo filone. "Insidious" è stato un film che è stato innovativo. Le possessioni demoniache, i medium, sono temi che sono sempre stati ripresi più di una volta nel cinema e che, negli ultimi tempi, sono diventati noiosi. "Insidious" racchiude una storia fortemente drammatica con la paura palpabile di un qualcosa di cui si ha paura di ammettere. A me questo film è piaciuto, mi ha toccato la storia di questa madre che cerca di capire il motivo dell'incidente del figlio, di come cerchi di adattarsi e adattare la sua famiglia a questa situazione difficile. Tutta la storia ruota intorno alle emozioni, di come possano trascinarsi nel tempo e possano perseguitare. Il non ammettere queste emozioni, che mutano in esperienze, può risultare "insidioso". Scappare, evitare il problema, può portare alla paranoia, fino ad esplodere per affermare ciò che si cerca di nascondere. La medium è una presenza positiva, sembra sia l'eroina di una storia altamente drammatica. Sebbene le figure dei due ghosthunters siano tragicomiche, il binomio con la medium funziona. Non mi è piaciuto molto il ruolo di Lorraine Lambert, secondo me è stato un pò paradossale per certi versi, e contraddittorio. Nonostante ci siano dei momenti che lasciano lo spettatore spiazzato, non facendolo capire subito cosa stia succedendo, il film risulta piuttosto forte, la storia prende dall'inizio alla fine. Il lato negativo sta nel non saltare scene o dialoghi, altrimenti si perde il filo della storia e raccapezzarsi risulta difficile. Per il resto, mettetevi sul divano e guardate il film al buio. Non siete paranoici vero?

La trama: La famiglia Lambert si è allargata e si trasferiscono in una nuova casa. La casa è enorme e uno dei bambini Lambert, Dalton (Ty Simpkins), andando in esplorazione, va in soffitta. Nonostante i genitori abbiano vietato di non andarci per evitare incidenti spiacevoli, Dalton sembra attirato dalla soffitta e il piccolo cade sbattendo la testa. Dalton sembra che non si sia fatto nulla ma il mattino dopo il bambino non si sveglia. I genitori, disperati, portano Dalton in ospedale e i medici danno una notizia terribile ai genitori: Dalton è in coma ma non sanno la causa. Passa del tempo, Dalton viene assistito dalla madre. Renai (Rose Byrne) comincia a notare strani fenomeni in casa e dopo una nottata di terrore, con il marito Josh (Patrick Wilson) decidono di trasferirsi. Ma i fenomeni non cessano, allora su consiglio della madre di Josh, i due coniugi decidono di contattare una medium. La verità sarà sconcertante



1 maggio 2014

In viaggio con Evie - L'amicizia non ha età

“… La vita ci confonde. Quando pensiamo che sia tutto finito lei ci butta un panorama come questo e noi non sappiamo più dove siamo … “
Driving Lessons è un film molto profondo che parla della ricerca di sé stessi liberandosi delle negatività infantili. Nonostante vi sia uno humor inglese che per alcuni aspetti è grottesco, le scene divertenti smorzano in modo non invasivo l’andamento della storia. La ricerca di sé stessi credo sia una delle sfide più difficili che l’uomo si ritrova a sostenere nella sua vita, a cominciare dall’adolescenza, l’età critica. Mi sono sempre chiesta perché l’adolescenza sia un’età così critica … la risposta è che si tratta di un momento di transizione e come tale non può essere preso con leggerezza. E’ un momento in cui si fa piena conoscenza di sé stessi con altri occhi, si levano i veli infantili e ci si dirige verso un mondo adulto che, purtroppo, non è mai come lo si è immaginato. E’ la disillusione che mette in crisi una persona: quando arriva la consapevolezza che non coincide con le aspettative prospettate può veramente finire in un disastro.
Questo film fa vedere le due facce della medaglia: nonostante il protagonista si ritrovi nel momento che io ho appena descritto ha, allo stesso tempo, la consapevolezza (che acquista grazie ad Evie) di “gestirsi”. Inoltre impara che, nonostante l’apparenza inganni, le persone a volte preferiscono viverci dentro sia per comodità ma anche per questioni di principio che, con il tempo, perdono il loro significato perché le persone non sempre ricordano i “giusti principi”. E quali sono i giusti principi? E’ ciò che si chiede il protagonista ed è più o meno il succo del film. I giusti principi sono ciò che ti fa andare avanti, che ti fa credere in qualcosa e che prendono il nome di Dio, Shakespeare, poesia, letteratura, recitazione … purché si possa esprimere sé stessi: è questa la lezione più importante che la vita ci dà e che ci la fa ricordare continuamente.

La trama: Ben (Rupert Grint), un ragazzo di diciassette anni e mezzo, non riesce a superare l’esame pratico per conseguire la patente. Vive in un mondo piuttosto religioso e dedito all’altruismo, infatti il padre è il pastore della chiesa della zona e la madre è una donna paziente ed altruista che, a suo modo, incoraggia Ben ad esercitarsi alla guida sempre di più. La madre di Ben è impegnata nel volontariato per gli anziani, si prende cura di loro e spesso li ospita nella sua casa, è molto attiva anche nella chiesa del marito e ha una forte sintonia con l’altro pastore della parrocchia, Peter. La madre di Ben, per aiutare un anziano ospite a casa loro, lo esorta a trovare un lavoro e così risponde all’ annuncio di una vecchia attrice per il posto di tuttofare. Ai primi incontri con la signora Eve Walton detta Evie (Julie Walters), Ben è piuttosto sconcertato perché lei dice parolacce, è molto esuberante e non si fa mai i fatti suoi. Un giorno invita Ben ad un giro in macchina, ma il suo intento reale è quello di fare un viaggio. E così fa, alla prima sosta Evie ingoia la chiave della macchina. Incominceranno peripezie, litigi e conoscenze dell’altro che porteranno alla nascita di una profonda amicizia.