18 giugno 2014

Parliamo di musica - Within Temptation

E’ stata la band che ha consacrato nel genere Goth Rock il “Symphonic Metal”. Band di origine olandese, il loro punto di forza sta nell’aver incluso nel loro sound i suoni della cultura celtica. E’ una band che mi ha colpito tanto perché hanno un sound tutto loro, hanno fatto incontrare tradizione e futuro. Può sembrare che in alcuni momenti si possano sentire due tipi di WithinTemptation a seconda del pezzo che si sta sentendo, come “Mother Earth” o “Stand my ground”. E’ un gruppo che nasce con la cantante Sharon Ven Adel e il chitarrista Robert Westerholt (nonché marito della stessa Sharon). 
La band non nasce proprio come band “Symphonic metal” ma come band “doom metal”. Infatti nemmeno i Within stessi si definiscono come band “Symphonic metal” ma come “Symphonic rock”, non si vedono nel genere Gothic. Il successo è arrivato con l’album “Mother Earth” lanciato dai singoli “Ice queen” e l’omonimo “Mother Earth”. Nonostante fosse il terzo album prodotto, è stata la rivelazione per la band che li ha acclamati a livello internazionale.

Ho molto da dire su questo album. “Mother Earth” per me è un dolce richiamo alla natura, alle sue sfaccettature viste nella tradizione celtica, la natura ha personalità perché ha sentimenti. Sembra che stiano descrivendo una persona, in “Ice queen”narrano della neve come una regina reale. La canzone che mi fa suscitare molte emozioni e che me li ha fatti amare da subito è stata l’omonima dell’album, “Mother Earth”: una canzone unica, in cui si fondano i suoni celtici nelle melodie moderne, descrivendo la natura come una madre, “che prende e che dà”. Dopo quest’album vi è stato un tour che ha avuto un successo incredibile, infatti è stato anche pubblicato il relativo DVD.

Anche gli album “The silent force” e “The heart of everything” hanno avuto grande successo, quest’ultimo album vede anche la collaborazione della voce dei Life of Agony, Keith Caputo, per il singolo “What have you done”. Nel 2011 è uscito il loro ultimo lavoro, “The unforgiving”, ma nessuno di questi album ha avuto lo stesso successo planetario di “Mother Earth”.

Il mio album preferito è “The silent force”. L’ho ascoltato in un periodo molto particolare, in cui ero molto depressa e avevo bisogno di molto conforto. Secondo il mio parere è l’album più bello dei Within, in cui hanno racchiuso tutto ciò che sono artisticamente. Ascoltando pezzi come “Memories” o “Somewhere” o ancora “The Swan song” si denota una tristezza insita nei sentimenti, è uno sfogo di un equilibrio spezzato. Allo stesso tempo c’è anche la speranza, che è al fondo al vaso ma è lì a riscaldare il cuore e ti permette di andare avanti, perché “Ti troverò un giorno, voglio provarci fino al giorno della mia morte”. Sono davvero grandi i Within!! E’ un gruppo diverso rispetto agli altri nel panorama Goth perché hanno aggiunto un qualcosa di diverso che non è solo orecchiabile ma anche molto profondo!

Da poco è uscito il loro ultimo album “Hydra”. Ascoltateli!


Vi consiglio: “Mother Earth”, “Stand myground”, “Angels”, “What have you done”, “Ice queen”, “Somewhere”, “Jillian (I’d give my heart)”, “Memories”, The Swan song”, “Running up that hill” e “Never – ending story”.

6 giugno 2014

La notte del giudizio - The purge - I diversi modi di intendere la giustizia

A volte mi domando come sarà il mondo fra qualche anno, cosa cambierà, cosa rimarrà uguale. Mi domando se continueranno certe ingiustizie, se il sistema cambierà. Studiando giurisprudenza ho capito come le cose possano mutare subito, mentre altre mutano con lentezza, senza che noi ce ne accorgiamo. La cosa che più mi terrorizza è il cambiamento in negativo, ho paura di come possano peggiorare le cose e come possa diventare il mondo. Altra cosa che mi chiedo è se noi saremo disposti ad accettare i cambiamenti, positivi o negativi che siano. Faremo battaglie oppure accetteremo in modo passivo perché, in qualche modo, lo reputiamo giusto? Questo è il tema del film di oggi: "La notte del giudizio - The Purge".
Film per alcuni versi fantapolitico, è ambientato qualche anno in avanti e vede un sistema di giustizia alquanto particolare. La cosa che mi sono domandata per tutto il film non è tanto il come si è arrivati a quel tipo di soluzione politica, ma cosa ha portato le persone ad accettarla e a giustificarla. "Il giorno dello sfogo", un giorno in cui tutto diventa lecito, salutato con dei fiori blu messi fuori accanto la porta per dimostrare l'appoggio a questa politica. Non potevo non chiedermi come si sia arrivati a questo tipo di soluzione, sebbene sia paradossale e al limite del "politically correct". Però ho fatto un'altro pensiero: e se davvero stessimo raggiungendo questo sistema? Pensateci: la giustizia fai da te, i tempi troppo lunghi delle cause, situazioni economico - politiche alquanto insostenibili, possono sfociare in uno "sfogo di gruppo". E allora perché non renderlo legale? E' proprio questo il fulcro di tutto il film! Far sfogare la gente una volta all'anno così da tranquillizzarla. Ma come può essere sostenibile una cosa del genere? Non potrebbe portare a delle ritorsioni? Per me è ovvio che porterebbe a delle ritorsioni, non solo dal punto di vista etico e morale, ma soprattutto umano. Come si riesce a stare barricati in casa per una notte intera aspettando che scatti l'ora X? Come si riesce a lasciare che, chi debba sfogarsi, vada in giro giustificato dal sistema? E' ciò che si chiede uno dei protagonisti, il ragazzino Charlie Sandin (Max Burkholder), quando decide di aiutare un senzatetto inseguito da ragazzi che devono "sfogarsi". 

Il film è uscito nel 2013, ed è diretto da James DeMonaco. Nel 2014 dovrebbe uscire il sequel "Anarchia - La notte del giudizio"
La trama: Nel 2022, negli Stati Uniti, i Nuovi Padri Fondatori hanno istituito la "Purificazione". Questo giorno, che si svolge solo una volta all'anno, prevede 12 ore in cui tutti i crimini diventano legali, omicidio compreso. La sicurezza sale a livello 10, non sono permesse armi da guerra, i soccorsi saranno attivi solo alla fine di queste 12 ore. A quanto pare, questa politica sembra funzionare, visto che la disoccupazione è bassa, i crimini sono calati al 90%. Ma cosa succede davvero durante questa notte? E' davvero plausibile e corretto questo sistema? E' ciò che si domanda Charlie Sandin, figlio dei coniugi Mary (Lena Headey) e James (Ethan Hawke)Sandin. Il capofamiglia, James Sandin (Ethan Hawke) è un imprenditore che ha fatto fortuna costruendo dei sistemi di sicurezza a fronte di questa notte. Arrivata la fatidica ora, la famiglia si rinchiude in casa con un intruso: il fidanzato di Zoey Sandin (Adelaide Kane), la figlia maggiore James e Mary. La situazione si aggrava quando Charlie, mosso da pietà, fa entrare un senzatetto che sfugge ai suoi persecutori. I persecutori, irati, se la prenderanno proprio con la famiglia. Inizierà così la notte della Purificazione in casa Sandin.

18 maggio 2014

Chiacchiere&Distintivo - The following

Oggi ritorno ai miei amati telefilm polizieschi! Era da tanto che non ne parlavo vero? Dopo essere andata in crisi mistica per il finale della serie di "Dexter" ho cercato in lungo e in largo un nuovo telefilm poliziesco con molta suspence. Le mie ricerche sono state premiate con "The following". Sebbene sia nuovo nel panorama tv, "The following" conta già due stagioni, in attesa della terza.
"The following" non è semplice, per alcuni versi è una versione di Dexter 2.0. La trama non è semplice, le puntate sono molto intense e perdere un solo passaggio significa perdere l'intero filo del discorso. Mi hanno colpito molto i colpi di scena, la storia, l'intrigo. Devo dire che in alcune parti il telefilm è violento, infatti consiglio il telefilm per chi ha lo stomaco forte e magari ha già visto "Dexter" ed è abituato ad un certo tipo di scene. "The following" non risparmia nulla allo spettatore, che rimane avvinghiato alla poltrona a chiedersi e a pensare quale sarà la mossa di Joe Carrol e quale la risposta di Ryan Hardy, cosa succederà da qui alla fine della puntata. Si rimane incollati, ve l'assicuro! Mi hanno colpito tanto le dinamiche delle sette religiose, dei seguaci di un serial killer, cosa scatta nella mente di una persona per spingerla ad uccidere ancora e ancora. Non mette la solita storia della setta di killer o di pazzi esaltati che vogliono imitare il loro idolo, è di più. Si crea un legame tra i vari killer e aspiranti serial killer a dir poco malato. Nonostante loro lo vedano come un qualcosa di normale perché si sentono capiti, compresi, non devono più nascondersi, è un rapporto malato."The following" è un telefilm diverso, particolare perché non fa le cose a caso. I temi in "The following" sono molto ricercati, si parte da Edgar Allan Poe per poi finire nelle linee sottili della religione. 

Il cast è stato scelto con molta cura. Vediamo nei panni dell'agente dell'FBI Ryan Hardy un egregio Kevin Bacon (Animal House, Tremors), che si trova a suo agio a interpretare un ruolo molto complesso e intricato quale è il suo personaggio. Nei panni del serial killer / mentore Joe Carrol ritroviamo James Purefoy (La fiera delle vanità, Resident evil), un ruolo non semplice ma che lo interpreta con grande maestria. Nonostante si segua la stregua della lotta del bene contro il male, il paladino contro il cattivo, i ruoli sono di per sè simili, come se Ryan Hardy e Joe Carrol siano complementari e se venisse a mancare uno verrà a mancare anche l'altro. Gli altri attori non sono da meno, a partire da Valerie Currry nel ruolo di Emma Hill, Sam Underwood nel doppio ruolo dei gemelli Luke e Mark, Jessica Stroup nel ruolo di Max Hardy e Shawn Ashmore nel ruolo di Mike Weston

Non mi dilungo, vi auguro una buona visione!

La trama, come ha inizio "The following": Joe Carrol, serial killer di 14 ragazze collegiali, è evaso dal Virginia Central Penitentiary, dove vi era rinchiuso dal 2003. Ryan Hardy viene richiamato in servizio, lui è stato l'agente che ha seguito il caso di Carrol, è quello che conosce meglio le sue mosse. Tra l'altro è anche l'autore del libro "Poetica di un killer" in cui racconta il caso di Carrol. Ryan Hardy, sebbene non sia più nell'FBI per via di una disabilità che gli ha provocato lo stesso Carrol, decide di ritornare in servizio. Ma le cose non sono per niente semplici. Dovrà scontrarsi con la titubanza dei colleghi per via del suo alcolismo, deve cercare di far capire che sono tutti in pericolo, a partire dalla ex moglie di Joe Carrol, Claire Matthews (Natalie Zea) e il figlio Joey, fino all'unica ragazza superstite Sarah Fuller. Sebbene i modi di Ryan Hardy non siano proprio ortodossi, l'agente Mike Weston e Debra Parker (Annie Parisse) saranno coloro i quali gli daranno fiducia e seguiranno ciecamente le sue direttive. Ma ciò che ha in mente Joe Carrol è troppo grande. Carrol ha un seguito di assassini, di fans, disposti a tutto per permettere al loro "beniamino" di riprendersi la vita che Ryan Hardy gli ha tolto. Questi "follower" sono dappertutto e possono essere chiunque, a cominciare dalla baby - sitter di Claire, Denise Harris alias Emma Hill, che rapisce il piccolo Joey, fino ad arrivare all'FBI. Ryan Hardy capisce, così, che è un gioco di strategia e deve arrivare per primo se vuole salvare le persone finite in questo gioco contorto. 

11 maggio 2014

Insidious - Ci credi ad alcune esperienze?

Ci credete al soprannaturale? Io sì, nonostante sia una persona molto razionale. Credo nelle entità, credo alle possessioni, ai fantasmi. Non vedo il motivo perché non debbano manifestarsi fenomeni del genere. Certo, non sono una che vede pericoli ovunque, la mia razionalità si spinge fino ai miei sogni. Io credo che alcuni fenomeni siano solo lo strascico di forti emozioni che una persona ha vissuto nella vita, sia nel bene che nel male. Credo che ci siano persone dotate che abbiano il compito di guidarci in questi cammini particolari. Ed è ciò che succede nella storia del film di cui voglio parlarvi oggi.
"Insidious" uscito nel 2010, diretto da James Wan e sceneggiato da Leigh Whannel (nonché una dei protagonisti), è un film sul paranormale ma un pò particolare. Il sequel uscito lo scorso anno ha confermato la particolarità di questo filone. "Insidious" è stato un film che è stato innovativo. Le possessioni demoniache, i medium, sono temi che sono sempre stati ripresi più di una volta nel cinema e che, negli ultimi tempi, sono diventati noiosi. "Insidious" racchiude una storia fortemente drammatica con la paura palpabile di un qualcosa di cui si ha paura di ammettere. A me questo film è piaciuto, mi ha toccato la storia di questa madre che cerca di capire il motivo dell'incidente del figlio, di come cerchi di adattarsi e adattare la sua famiglia a questa situazione difficile. Tutta la storia ruota intorno alle emozioni, di come possano trascinarsi nel tempo e possano perseguitare. Il non ammettere queste emozioni, che mutano in esperienze, può risultare "insidioso". Scappare, evitare il problema, può portare alla paranoia, fino ad esplodere per affermare ciò che si cerca di nascondere. La medium è una presenza positiva, sembra sia l'eroina di una storia altamente drammatica. Sebbene le figure dei due ghosthunters siano tragicomiche, il binomio con la medium funziona. Non mi è piaciuto molto il ruolo di Lorraine Lambert, secondo me è stato un pò paradossale per certi versi, e contraddittorio. Nonostante ci siano dei momenti che lasciano lo spettatore spiazzato, non facendolo capire subito cosa stia succedendo, il film risulta piuttosto forte, la storia prende dall'inizio alla fine. Il lato negativo sta nel non saltare scene o dialoghi, altrimenti si perde il filo della storia e raccapezzarsi risulta difficile. Per il resto, mettetevi sul divano e guardate il film al buio. Non siete paranoici vero?

La trama: La famiglia Lambert si è allargata e si trasferiscono in una nuova casa. La casa è enorme e uno dei bambini Lambert, Dalton (Ty Simpkins), andando in esplorazione, va in soffitta. Nonostante i genitori abbiano vietato di non andarci per evitare incidenti spiacevoli, Dalton sembra attirato dalla soffitta e il piccolo cade sbattendo la testa. Dalton sembra che non si sia fatto nulla ma il mattino dopo il bambino non si sveglia. I genitori, disperati, portano Dalton in ospedale e i medici danno una notizia terribile ai genitori: Dalton è in coma ma non sanno la causa. Passa del tempo, Dalton viene assistito dalla madre. Renai (Rose Byrne) comincia a notare strani fenomeni in casa e dopo una nottata di terrore, con il marito Josh (Patrick Wilson) decidono di trasferirsi. Ma i fenomeni non cessano, allora su consiglio della madre di Josh, i due coniugi decidono di contattare una medium. La verità sarà sconcertante



1 maggio 2014

In viaggio con Evie - L'amicizia non ha età

“… La vita ci confonde. Quando pensiamo che sia tutto finito lei ci butta un panorama come questo e noi non sappiamo più dove siamo … “
Driving Lessons è un film molto profondo che parla della ricerca di sé stessi liberandosi delle negatività infantili. Nonostante vi sia uno humor inglese che per alcuni aspetti è grottesco, le scene divertenti smorzano in modo non invasivo l’andamento della storia. La ricerca di sé stessi credo sia una delle sfide più difficili che l’uomo si ritrova a sostenere nella sua vita, a cominciare dall’adolescenza, l’età critica. Mi sono sempre chiesta perché l’adolescenza sia un’età così critica … la risposta è che si tratta di un momento di transizione e come tale non può essere preso con leggerezza. E’ un momento in cui si fa piena conoscenza di sé stessi con altri occhi, si levano i veli infantili e ci si dirige verso un mondo adulto che, purtroppo, non è mai come lo si è immaginato. E’ la disillusione che mette in crisi una persona: quando arriva la consapevolezza che non coincide con le aspettative prospettate può veramente finire in un disastro.
Questo film fa vedere le due facce della medaglia: nonostante il protagonista si ritrovi nel momento che io ho appena descritto ha, allo stesso tempo, la consapevolezza (che acquista grazie ad Evie) di “gestirsi”. Inoltre impara che, nonostante l’apparenza inganni, le persone a volte preferiscono viverci dentro sia per comodità ma anche per questioni di principio che, con il tempo, perdono il loro significato perché le persone non sempre ricordano i “giusti principi”. E quali sono i giusti principi? E’ ciò che si chiede il protagonista ed è più o meno il succo del film. I giusti principi sono ciò che ti fa andare avanti, che ti fa credere in qualcosa e che prendono il nome di Dio, Shakespeare, poesia, letteratura, recitazione … purché si possa esprimere sé stessi: è questa la lezione più importante che la vita ci dà e che ci la fa ricordare continuamente.

La trama: Ben (Rupert Grint), un ragazzo di diciassette anni e mezzo, non riesce a superare l’esame pratico per conseguire la patente. Vive in un mondo piuttosto religioso e dedito all’altruismo, infatti il padre è il pastore della chiesa della zona e la madre è una donna paziente ed altruista che, a suo modo, incoraggia Ben ad esercitarsi alla guida sempre di più. La madre di Ben è impegnata nel volontariato per gli anziani, si prende cura di loro e spesso li ospita nella sua casa, è molto attiva anche nella chiesa del marito e ha una forte sintonia con l’altro pastore della parrocchia, Peter. La madre di Ben, per aiutare un anziano ospite a casa loro, lo esorta a trovare un lavoro e così risponde all’ annuncio di una vecchia attrice per il posto di tuttofare. Ai primi incontri con la signora Eve Walton detta Evie (Julie Walters), Ben è piuttosto sconcertato perché lei dice parolacce, è molto esuberante e non si fa mai i fatti suoi. Un giorno invita Ben ad un giro in macchina, ma il suo intento reale è quello di fare un viaggio. E così fa, alla prima sosta Evie ingoia la chiave della macchina. Incominceranno peripezie, litigi e conoscenze dell’altro che porteranno alla nascita di una profonda amicizia.

28 aprile 2014

Parliamo di musica - Leave's Eyes

I Leave’s Eyes è una band europea che nasce nel 2004. E’ un gruppo per alcuni versi mistico, con un alone di mistero e anche retrò, le loro tematiche trattano leggende europee e cultura celtica. Per questo motivo il loro genere viene definito “symphonic metal”. In molti non hanno approvato questa definizione perché per alcuni versi possono essere anche una band “viking metal” ma è errato perché, nonostante la potenza e il suono della batteria e delle chitarre, vi sono elementi della cultura celtica e della cultura classica.
I Leave’s Eyes è un gruppo che mi ha colpito fin dall’inizio, ciò che mi ha colpito subito è stata la dolcezza, caratterizzata in modo particolare dalla voce di Liv Christine. Ascoltando “Into your light” o “For Amelie” si denota come questo gruppo riesca a modulare la dolcezza dei sentimenti e dell’amore, è un qualcosa di esplosivo a volte. Molto importante e molto forte è il loro legame con le radici nordiche, infatti è ciò che contraddistingue questo gruppo rispetto agli altri: se si pensa ai Within Temptation, la cultura celtica ha dettato una notevole influenza che ha denotato un genere metal differente e che sorprende sempre. I Leave’s Eyes hanno un modo tutto loro nell’esprimere le loro emozioni, infatti ascoltando “Legend Land” o “Vinland Saga” fanno proprie le leggende nordiche e sono loro a parlare. Nei primi album si denota molto la vena romantica, ma l’identità vera e propria della band arriva con l’ultimo album, “Njord”, in cui le leggende prendono vita insieme ai sentimenti, sentendosi partecipi di quegli eroi leggendari di cui narrano.

I Leave’s Eyes mi fanno sognare! Li amo proprio per questo. Inizialmente possono sembrare ripetitivi o noiosi, ma leggendo i testi si cambia opinione. Pezzi come “Take the devil in me” o “Return to life” sono un vero inno, una forza poderosa che trasmettono dolcezza, forza e anche sensazione di pace. Nonostante siano nati dall’unione di più band (Liv Christine viene dai Theatre of Tragedy, gli altri vengono dagli Atrocity), il loro connubio è azzeccato. Ed è proprio il caso di dirlo visto che Liv e Alexander Krull sono sposati.  Il loro sound si perfeziona nella voce soave di Liv, facendo largo uso del vibrato, spesso accompagnata dalla voce di Alexander Krull. Vi sono elementi classici e altri puramente metal. E’ una band che va ascoltata e riascoltata perché a primo impatto non possono piacere proprio per la loro particolarità.

Forse è proprio questa particolarità che mi colpisce. Mi sono stati consigliati da un’amica di penna (o meglio di tastiera!) e da lì non ne ho potuto più farne a meno! Mi colpisce soprattutto il modo in cui hanno messo da parte il lavoro svolto fino a quel momento con le altre band. Quando si suona uno stesso genere per anni si tende ad omologarsi ai canoni perdendo di fantasia. Loro hanno messo in gioco tutto perché potevano anche fallire nel progetto e credo che sia questo che me li fanno piacere tanto: il mettersi in gioco sempre. Credo che sia una cosa che molte band non fanno, dettate da etichette musicali, contratti, giri d’affari… non tutto è rose e fiori nella musica, le major dettano legge. Chissà forse anche i Leave’s Eyes saranno nel giro, ma ogni album è sempre una sorpresa, c’è sempre qualcosa di diverso! Ascoltateli, meritano!


Pezzi consigliati: “Into your light”, “Take the devil in me”, “My destiny”, “Return to life”, “tales of the sea mad”, “Skraelings”, “The dream”, “Legend Land” e “Elegy”.

16 aprile 2014

S1m0ne - La finzione è reale

Il cinema negli anni è mutato parecchio. È passato dall’essere la fabbrica dei sogni aalla fabbrica degli effetti digitali. Adesso abbiamo una visione diversa del cinema, scalpitiamo nel vedere a che punto la tecnologia ci possa mostrare il film. Quando penso a questo mi sento nostalgica. Con tutta questa tecnologia mi manca vedere un film in “vecchio stile”! Un film dove non c’è bisogno di un grande supporto tecnologico, nel quale regna la semplicità e l’arte. Non che non mi dispiaccia vedere i film moderni, anzi. Io non sono di materia e non posso esprimermi in giudizi prettamente tecnici, ma sento questa mancanza. Alcuni film sono di grande impatto visivo, la tecnologia dà un grande contributo nella regia. Però non posso non dire che tutto ciò è altamente bello! Se ci fate caso adesso il film d’azione si vede almeno in 3D, i kolossal arrivano a costare più di un mutuo trentennale per l’apporto tecnologico, siamo diventati schifiltosi se gli effetti speciali non sono di un certo tipo. A pensare che tutto ciò è solo fantasia…

Oggi vi parlo di un film particolare, che ha fatto molto discutere: “S1m0ne”, scritto, diretto e prodotto da Andrew Niccol nel 2002. Al Pacino, il protagonista del film, è come sempre all’altezza delle situazioni. Ha saputo, con la sua grande maestria, interpretare il ruolo di Viktor Taransky dimostrando il lato oscuro di Hollywood. Un regista al lastrico, che vuol dare filo da torcere a chi lo ha dato a lui mediante la finzione. Ecco, è proprio questo il punto nevralgico della situazione, la finzione! La finzione del cinema investe anche gli attori, la loro vita. Tutti vogliamo sapere (chi più e chi meno) se quell’attrice è sposata con quell’attore, se sia impegnato socialmente, se sia uno sventurata, vogliamo sapere tutto sulla nostra beniamina preferita. Allora si scatena tutto il giro dello show business, si muove un circolo (o circo?) decisamente assurdo. Ma nella realtà tutto ciò è davvero come ci appare? Esiste realmente, è in carne e ossa così come lo vediamo? O la celluloide ha colpito anche l’esterno? Il film ruota tutto intorno a questa domanda. Fin dove riusciamo a capire il confine tra realtà e finzione? Tutto ciò ci viene difficile, c’è un confine così sottile da non riuscire a distinguere realtà e finzione. E come facciamo a venirne fuori? Lo accettiamo oppure lo neghiamo? La risposta spetta solo a noi.
Qualche curiosità! L’attrice digitale che vediamo nel film, “Simone”, è un attrice in carne e ossa. E’ una modella canadese, tale Rachel Roberts, che ha lavorato per le major delle agenzie di moda e sfilato per Ralph Lauren, Victoria’s Secret, Gap, Bottega Veneta, Ferré e Sisley. Ha inoltre recitato in alcune puntate come guest star di “Ugly Betty”, “Numbers”, “Flashforward”, “Entourage” ed altri.


La trama: Viktor Taransky (Al Pacino) è un regista in crisi. Da anni fa film senza successo e ora è stato scaricato dal suo produttore/ex moglie Elaine (Catherine Keener). In questa situazione viene avvicinato da un informatico, tale Hank Aleno (Elias Koteas), che ha studiato una simulazione del tutto originale. Il destino vuole che Hank muoia e che lasci in eredità proprio a Viktor questa simulazione: è così che nasce Simone (Rachel Roberts), abbreviazione di Simulation One. Inizia così il successo di Viktor! Tutti diventano pazzi per Simone, diventa un fenomeno mondiale. Ma nessuno si accorge che è digitale. E più va avanti la finzione e più aumenta la sua notorietà. Ma fin dove Viktor è disposto a spingersi? Tutto ciò può rivoltarsi contro di lui in ogni momento ma Viktor continua…

8 aprile 2014

The good girl - Routine o libertà assoluta?

La vita è complessa. Ci pone degli ostacoli che possono sembrare insormontabili. A volte la nostra stessa vita, quella che abbiamo voluto e desiderato tanto, quella per cui abbiamo lavorato, può sembrarci una prigione. O forse siamo noi a rendere la nostra vita una prigione. A volte facciamo scelte sbagliate oppure commettiamo azioni di cui ci rendiamo conto solo dopo del loro peso. E se ci trovassimo di fronte un bivio e non sapessimo che direzione prendere? Se avessimo di fronte la scelta della vita che potremmo avere e la scelta di continuare la vita che si sta conducendo fino a quel momento, che cosa sceglieremmo? A volte le decisioni più ovvie sono quelle più difficili da prendere.

Questo è il tema del film di oggi “The good girl” del 2002 di Miguel Arteta. Un film drammatico, intenso, in cui non ci si può non immedesimare in alcune parti. Questa insolita commedia a sfondo drammatico, è interpretata da una Jennifer Aniston insolita, innovativa nel ruolo di Justine. Chi è Justine? E’, donna trentenne che ha già alle spalle un matrimonio difficile per la mancanza di dialogo con il marito Phil, un desiderio di maternità che non riesce a realizzare, ponendola così davanti ad una crisi esistenziale. E proprio in questa crisi smette di essere “la brava ragazza” che tutti le riconoscono. Rompe i suoi schemi, rompe la sua routine ma per cosa? Per l’ebbrezza della libertà di vivere alla giornata o per liberarsi dei problemi che sono per lei insormontabili? Non posso darvi la risposta perché svelerei tutto il film. Ma posso dire questo: a volte, ciò che reputiamo noioso, stantio, troppo ordinario non è poi così sbagliato. A volte la vita che vorremmo non coincide con quella che viviamo, perché abbiamo in testa davvero un film. Arriva la realtà che muta questo aspetto e allora vediamo tutto da un’altra prospettiva. Più traumatico è accettare questa nuova prospettiva, possiamo accettarla inizialmente ma viverla e, quindi accettarla in pieno, è più complesso. Non è semplice vivere l’ordinario. Come non è semplice vivere perennemente nella fantasia. Holden, il personaggio cooprotagonista interpretato da un bravo Jake Gyllenhaal, non accetta la realtà. E’ un bambino nel corpo di un adulto, che vede Justine come donna della sua vita ma anche la donna che può curarlo, accudirlo, capirlo. Ha creato un mondo fantastico a tal punto da rifiutarsi di vivere nella realtà, e chi non accetta questo suo mondo lo reputa un nemico, un qualcuno cui trasmettere la propria rabbia e frustrazione.

La trama: Justine (Jennifer Aniston) è una donna trentenne, sposata con Phil (John C. Reilly) e lavora in un grande magazzino. La donna è in un momento particolare, comincia a non sopportare la sua routine. Gran parte della responsabilità la dà a Phil, che reputa colpevole di non riuscire a metterla incinta perché passa il tempo con l’amico Bubba (Tim Blake) a bere birra e a fumare spinelli. Tutto diventa inaspettato con l’arrivo di Thomas Worther detto Holden (Jake Gyllenhaal), come l’eroe del suo libro preferito che si porta sempre dietro. Holden ha un debole per Justine che non esita a mostrare. Justine va in crisi quando Holden si dichiara a lei e la sua amica e collega muore improvvisamente per aver mangiato delle more. Justine comincerà a rompere gli schemi, a non essere più “la brava ragazza” che tutti reputano che lei sia. Ma ciò fin dove la porterà? E’ davvero ciò che vuole? 

1 aprile 2014

Parliamo di musica - Il Gothic Metal

Il “Gothic Metal” rappresenta uno di quei generi che abbraccia moltissimo l’espressione del pensiero per quanto riguarda il considerare sé stessi. Genere che affonda le radici nel “Goth Rock”, è di origine scandinava e ciò è una delle caratteristiche più incisive. Questo non è un genere qualunque perché i vari artisti hanno portato un contributo del tutto personale, dando quel tocco in più che lo rende ancora più particolare. I pionieri del genere sono stati i Paradise Lost che con l’album “Lost Paradise” (e successivamente l’album “Gothic”), negli anni ‘90 hanno portato una vera e propria novità che ha coinvolto non solo le sonorità del “Doom Metal” ma ha rivoluzionato il panorama dell’epoca. E’ necessario parlare dei Type O Negative. Anche se per molti versi il loro sound si avvicina a quello dei Black Sabbath (è la loro band di ispirazione), la band ha rivoluzionato il “Gothic Metal” con la voce carismatica, profonda e cavernosa di Peter Steele, scomparso nell’aprile del 2010 dettando, così, lo scioglimento del gruppo. Le tematiche provocatorie e spesso ipnotiche, tristi, con lo spettro della morte dietro l’angolo e la lussuria onnipresente, ha portato un elemento che le band a venire ne hanno tenuto conto, ed è stato un’ulteriore ispirazione.
Il “Gothic Metal” o “Gothic” non è un genere per tutti perché non può piacere a primo impatto. Le sue tematiche, i suoi suoni lo rendono davvero unico e inconfondibile, nonostante vi sia la presenza e l’influenza delle “darkband. Le tematiche sono prese soprattutto dalla poesia cimiteriale inglese, la letteratura gotica del Settecento. Per intenderci, quella letteratura che nei propri romanzi parla della ricerca del sublime per far provare al lettore un piacere intenso nel leggere quelle storie, oltre a composizioni vere e proprie dei musicisti di versi incantevoli e aulici. Per me questa è una caratteristica che esprime non solo un pensiero ma soprattutto la personalità che è insita in ogni artista e in ogni musicista. Questo è un genere molto frammentato perché ci sono band che hanno accettato questa “etichetta” (anche se sarebbe improprio parlare di etichetta) di “Gothic band”, mentre altre non l’hanno accettata. E come non considerare ciò come un’espressione della propria personalità, cercare di farla considerare come unica nel suo genere e che non ha alcun bisogno di essere etichettata. Le etichette… è inevitabile, tutti quanti le mettiamo in tutto e in tutti.  Più le odiamo e più le usiamo, è inutile negarlo. Non si è mai liberi del tutto perché c’è sempre qualcosa che vorremo definire, dare un nome. In questo momento vi potreste ribellare a ciò che sto dicendo, disdegnate il mio discorso, non lo condividete. Ancora una volta vi invito a riflettere: non c’è stato un momento nella vostra vita in cui avreste voluto imporvi sulla scena? E nel modo di ribellarvi non c’è stato il pericolo di cadere nella definizione di uno stereotipo? Ho fatto mia la definizione di individuo della Psicologia, che credo che tutti dovremmo tenere a mente: “gli individui sono unici nel loro genere, non esiste al mondo un individuo uguale ad un altro”. Questa è per me la spiegazione di affermazione della personalità che si addice moltissimo alla definizione di questo genere.  Io lo adoro proprio per questo, è un’espressione veramente unica nel suo genere.

Ritornando al discorso, tra le sue caratteristiche musicali si ritrovano innanzitutto l’atmosfera che viene fatta dalle tastiere (peculiarità del genere) e le voci femminili. Per quanto riguarda le voci va fatto un discorso a parte perché ritroviamo la cosiddetta tecnica de “la bella e la bestia” introdotta dai Cradle of Filth e anche dai Theatre of Tragedy: voce pulita a tratti lirica femminile con lo scream, il growl maschile, spesso anche baritono. La voce femminile è piuttosto preminente, infatti la ritroviamo in quasi tutte le “Gothic” band e sono accompagnate da possenti e profonde voci maschili (ad esempio i Tristania). Va citato, inoltre, la tecnica diatatonica, tipica di band come i Leave’s Eyes, che prevede una voce femminile soffusa e delicata con la potenza del vibrato. Prima dicevo che ogni band ha portato un suo contributo: bisogna tenere conto il luogo di provenienza delle band perché il loro bagaglio culturale ha fatto un tutt’uno con questa musica. Tra le band che vengono più ricordate e citate per importanza e per sound ritroviamo: i Within Temptation (di origine olandese), la loro particolarità sta nell’aver messo insieme la tradizionale musica celtica con canti gregoriani, tirando fuori un mix chiamato “Symphonic”, i loro sono temi che prendono spunto dalla tradizione celtica. I Tristania (di origine norvegese), la loro particolarità sta nella voce femminile lirica e la voce maschile che in un primo tempo si alternava nel growl, nel pulito e nel lirico con accenni a canti gregoriani. Dopo l’addio di Morten Veland le cose sono cambiate, specie con l’addio di Vibeke Stene, che ha dettato nella band un vero e proprio cambiamento, per alcuni aspetti, radicale.
I Nightwish (di origine finlandese) che hanno condiviso lo stesso destino dei Tristania dopo l’abbandono di Tarja Turunen dal gruppo (accusatisi poi vicendevolmente della rottura via web), lasciando, così, il loro sound lirico – sinfonico e si sono buttati in un sound più rock con Annette Olzon, cosa che molti dei fan non hanno gradito. Recentemente, anche la Olzon ha detto addio alla band. Non ci resta che aspettare la nuova vocalist! Gli HIM (di origine finlandese) vanno citati per le loro tematiche bellissime sull’amore, infatti il loro stile è stato definito come “Love Metal”. Ora si sono allontanati parecchio dagli inizi, infatti è più un pop rock. I conterranei Lacuna Coil che hanno voce femminile e maschile pulite ed hanno riscosso un notevole successo sia in Europa che in Italia, ma il successo vero e proprio risiede negli Stati Uniti. Gli Evanescence (di origine statunitense), che hanno creato diversi problemi nella loro definizione e per molti aspetti si ispirano ai Lacuna Coil. Per alcuni versi sono “Gothic rock” per altri “Gothic Metal”, anche se la frontwoman Amy Lee ha ammesso che sono “Gothic Metal”.


Ci sarebbero ulteriori band da citare come gli Epica, i Leave’s Eyes, Theatre of Tragedy, i Cadaveria, Cradle of Filth, Moonspell, Sirenia, Paradise Lost, My Dying Bride, ecc. Da ricordare il filo conduttore con il “Black Metal” che, di recente, ha rappresentato un’ulteriore evoluzione del genere.

8 marzo 2014

Letture Pesanti - Bruciata viva, vittima delle leggi degli uomini - Suad

“… Al mio paese nascere donna è una maledizione …”
Libro che mi ha colpito molto per la storia cruda e orribile di questa donna, è fonte di forte riflessione. E’ un libro che deve essere letto non solo per sapere e capire le condizioni in cui vivono le donne del Medio Oriente ma è anche la scoperta di una cultura diversa dalla nostra, una cultura incentrata su un senso della famiglia molto diverso dal nostro. E’ un mondo in cui le tradizioni hanno il sopravvento su tutto e sopravvivono sul nuovo, anche se è vero che vengono riprese per spiegare certe consuetudini, modi di fare e di pensare. 

E’ una storia vera di una ragazza, il cui nome è lo pseudonimo di Suad per motivi di protezione, infatti le ragazze e le donne sopravvissute dalla condanna a morte dettata dalla famiglia vengono inserite in un programma “protezione testimoni”, dato che ci sono stati casi in cui le hanno rintracciate e le hanno uccise. Suad è stata condannata a morte dalla famiglia perché era rimasta incinta al di fuori del matrimonio, il padre del bambino era l’uomo di cui si era innamorata. Il carnefice è stato il cognato che ha tentato di ucciderla dandole fuoco con della benzina e Suad ha passato le pene dell’inferno in ospedale. Le donne sopravvissute al delitto d’onore vengono lasciate a loro stesse perché “tanto sarebbero morte per le ferite riportate”. Suad, in questo stato di salute, ha partorito il bambino e nemmeno se n’è accorta tanto del dolore che stava provando per le ustioni riportate. Per portarla via, la fondazione svizzera SURGIR (che si prende cura di queste donne) ha dovuto mentire alla famiglia, utilizzando come scusa quella di farla morire da un’altra parte. Da qui inizia la rinascita di Suad: viene adottata con il suo bambino da una famiglia europea, finalmente è libera di essere sé stessa e non deve avere paura di ciò che fa, si sposa con un altro uomo che ama ma la paura di essere abbandonata è sempre alta. Nonostante sia analfabeta ha trovato lavoro, ha avuto altri figli oltre al figlio che, ingiustamente, è stato causa della sua condanna a morte. Il suo essere sfigurata la fa vivere in un costante senso di vergogna perché le cicatrici delle ustioni l’hanno talmente sfigurata che anche d’estate deve girare coperta. E’ una sofferenza continua che le crea molto disagio con gli altri.

E’ un libro che io consiglio di leggere a molte mie coetanee (ho 24 anni), ma anche alle loro madri, zie, cugine, sorelle e amiche. Io da molti anni a questa parte la festa della donna ha cominciato a darmi fastidio anche se, essenzialmente, non capivo il perché avessi cominciato a nutrire questo risentimento. Quando ho letto questo libro mi è parso chiaro il perché: la donna, a furia di ribadire le pari opportunità ha perso di vista il motivo della sua battaglia. Ribadire le pari opportunità serve per avere la giustificazione di comportarsi come un uomo, non stare al suo livello e dimostrarsi capace nel lavoro come un uomo. Si è perso di vista il significato vero di pari opportunità, di donna, di femminilità. E’ vero che c’entra moltissimo l’immagine che si dà alla donna, la perfetta bambolina tutta corpo mozzafiato e senza cervello, una donna che deve mostrarsi. Io mi sono chiesta perché.

Perché dobbiamo mostrarci e non dimostrare? La donna è molto giudicata nel suo mostrarsi perché se non rispetta determinati canoni di bellezza e di portamento sono due le etichette che le si danno: la zitella e la puttana. Essere donna è essere libere, essere sé stesse anche se si è madri, zie, casalinghe, lavoratrici. Pari opportunità significa non solo di avere gli stessi diritti e opportunità dell’uomo ma anche dimostrare che la donna va oltre ai soliti stereotipi, non è solo angelo del focolare. C’è un detto famoso che recita “Quando si dice donna si dice danno”: è vero perché danno la vita, l’amore, una spalla forte per sopportare pesi più pressanti dei suoi. A volte la donna piange ma non è debolezza è sfogo, una valvola che permette di sopravvivere e andare avanti. Essere donne è meraviglioso, dobbiamo imparare a sapere, e a ricordarci soprattutto, quanto valiamo. Ognuna deve dimostrare che è stupenda, che le difficoltà passano perché siamo noi le vere forti per natura!


N.B. SURGIR è una fondazione svizzera rivolta alle donne e ai bambini di tutto il mondo, che sono vittime di crimini senza senso, giustificate da tradizioni sempre più insensate. Combatte da molto tempo contro l’ingiustizia che queste donne subiscono. Se ne volete sapere di più potete andare sul sito www.surgir.ch  

3 marzo 2014

Parliamo di Musica - Sisters of Mercy

Oggi riprendo a parlare di musica terminando il mio piccolo viaggio sui gruppi esponenti del dark rock. Vi parlo dei Sisters of Mercy.
I Sisters of Mercy si affacciano sul panorama musicale anni’80 divenendo un’icona del dark rock. I loro brani, insieme a quelli dei Bauhaus, sono stati quelli di maggior punta nelle discoteche dark. Era impossibile non rimanere immobili ai suoni sbarazzini e trascinanti. La band ha subìto diversi cambiamenti, l’unico membro rimasto è stato il solo cantante Andrew Eldricht insieme alla drum machine, la quale è divenuta a sua volta membro con il nome di Doktor Avalanche. I Sisters of Mercy sono stati tra i primi gruppi ad usare la drum machine, è la loro particolarità. Nonostante tutti i problemi e tutti i membri che si sono succeduti nei Sisters, la band, a partire dalla metà degli anni ‘90, non ha più pubblicato alcun album. Questo è dovuto al fatto che i Sisters si sono affermati come band indipendente, non hanno più sottoscritto alcun contratto con le major per protesta contro l’operato della casa discografica alla quale appartenevano. Nei concerti, ultimamente stanno presentando molti inediti, infatti potete trovare tra le nuove edizioni dei loro album dei live, che sono raccolte dei loro brani nuovi presentati ai live.

Dopo aver dato queste notizie, passiamo ad aspetti più importanti. I Sisters nascono come band post – punk, come il dark rock del resto. Sono molto importanti per le band a venire, nonostante siano rimasti nella nicchia dell’underground, hanno gettato le basi del Goth. La voce di Andrew è proprio la tipica voce dark maschile, cavernosa e profonda, melodica e ipnotizzante, che trascina. Come non rimanere inerti di fronte al vortice di “Temple of Love” o “More” o l’ipnotizzante “Marian”. 
I Sisters non si soffermano tanto su un solo tema, anche se ritroviamo sempre l’amore, ma ritroviamo la riflessione su se stessi come “I was wrong”. Ritroviamo temi onirici, come “Neverland”, “Lucretia, my reflection, “Alice” e tante altre. Anche se non hanno più pubblicato album, i nuovi pezzi live sono davvero unici, non solo per presentazione ma anche per il filone che i Sisters hanno sempre seguito.

Sui Sisters of Mercy purtroppo non c’è molto da dire. C’è da dire che vanno citati e non solo nel panorama dark. Vanno ascoltati e riascoltati, non sempre piacciono al primo impatto. Ascoltate i brani come quelli che ho citato, insieme a “Heartland”, “Body electric” e l’album “First and last and always”. Per i pezzi live vi consiglio la raccolta “Bootlegi”.


Qui chiudo il dark rock. La prossima volta ritornerò con il metal goth o gothic. Alla prossima!

24 febbraio 2014

La madre - L'amore di una madre è per sempre

Oggi ritorno con un nuovo film horror. Il film di oggi è piuttosto recente e mi è davvero piaciuto. “La madre” è il lungometraggio del corto “Mamà” di Andy Muschietti, uscito nel 2008. Il film è del 2013 ed è prodotto da Guillermo del Toro
Ma, se devo dirla tutta, il film in alcuni punti più che horror è drammatico. La storia è davvero commovente e forte, mancavano storie del genere nel panorama horror. E’ una storia profonda in cui l’amore sopravvive in un modo straordinario ma non come ce l’aspettiamo. Un amore corrotto dal tempo e dal dolore, dall’odio … un amore amaro, un’ombra rispetto a quello che era un tempo. Erano anni che non si vedeva un horror simile. Dovete sapere che gli horror di un tempo non facevano paura per le scene paurose o terrificanti. È vero che confrontando i film di oggi e i film di ieri gli effetti speciali sono cambiati tanto, alcuni possono anche far ridere e altri sono decisamente splatter. Ciò che mancava nel panorama odierno erano proprio le storie nei film horror. Infatti i vecchi film erano un racconto spaventoso, non tanto per gli effetti, ma per le storie che raccontavano. Pensiamo a “Suspiria” o “Profondo rosso: è la storia a far paura più che gli effetti speciali. Le scene forti ci sono, la presenza del fantasma è palpabile e lo spettatore quasi non vuole vedere questa presenza orrenda. Gli effetto speciali sono ben usati e mai banali, la renderizzazione del fantasma della madre è davvero fatta bene. Gli attori Jessica Chastain e Nikolaj Coster – Waldau (“Il trono di spade”), sebbene abbiano mai fatto film horror, sono stati adatti. Jessica Chastain (“The tree of life”, “Dark shadow”) è stata una rivelazione, è stato interessante scoprire la versatilità di questa attrice. Lo consiglio vivamente! 
La trama: Jeffrey (Nikolay Coster - Waldau) ha appena ucciso la moglie e il socio in affari, compiendo una strage nell’azienda presso la quale lavorava con la moglie. Ritorna a casa e prende le sue figlie, Victoria e Lily (Megan Charpentier, Isabelle Nèlisse), fuggendo senza una meta. Nella fuga ha un incidente e finisce fuori strada, più specificatamente in un bosco. L’uomo con le piccole trova una baracca per ripararsi e, una volta dentro, decide di uccidere le figlie. Poco prima di sparare, Jeffrey viene aggredito e ucciso da una strana figura per salvare Victoria e Lily. Da questo evento passano cinque anni e Luke (sempre Nikolay Coster - Waldau), fratello gemello di Jeffrey, cerca ancora disperatamente le due bambine. Annabel (Jessica Chastain), la compagna di Luke, è piuttosto titubante riguardo la ricerca che reputa impossibile; d’altronde se ciò fa stare meglio Luke lo appoggia incondizionatamente. Il colpo di scena arriva quando i due uomini che Luke aveva assunto trovano la baracca e le due bambine in uno stato selvaggio – animalesco. Da qui iniziano i problemi ma con un grande interrogativo: come hanno fatto Victoria e Lily a sopravvivere da sole nel bosco per cinque anni? Il dottor Dreyfuss (Daniel Kash) cerca di scoprirlo, vuole scoprire chi è la figura che le piccole invocano continuamente con il nome di “Madre”.

Non aggiungo nient’altro, vi rovinerei la bellezza dei colpi di scena!



17 febbraio 2014

Il trono di spade - Quando si gioca al gioco dei troni si vince o si muore

Quando si gioca al gioco dei troni, si vince o si muore!”
E’ una frase tratta da “Il trono di Spade”, saga fantasy che sta contando milioni di fan in tutto il mondo. La serie tv è ispirata all’omonima serie di libri scritta da George R.R. Martin, “Le cronache del ghiaccio e del fuoco”. Oggi mi limiterò a parlarvi della serie tv, visto che ancora non ho avuto modo di completare.
La serie tv, per ora, conta tre stagioni da dieci puntate l’una e cammina di pari passo ai libri: ogni stagione, infatti, si dedica ad un libro. L’idea di creare una serie tv anziché un film ha reso giustizia a questi libri che sarebbero risultati troppo sacrificati in una pellicola cinematografica. Infatti la collana dei libri è iniziata a fine anni ’90, la renderizzazione cinematografica ha avuto da sempre numerosi problemi. Innanzitutto la saga ancora è incompleta! Tutti i fan di Martin sono in attesa della conclusione di questa saga che sta tenendo con il fiato sospeso tutti. Su internet potete trovare numerosi blog e forum su tutte le congetture fatte negli anni dai lettori, che sono stati dei critici molto severi sulla serie tv. Le critiche che sono state avanzate hanno riguardato alcune scene e anche alcuni personaggi, del tutto sconosciuti nelle “Cronache”. Un esempio? La prostituta Ross, nei libri non è presente. Oppure l’omosessualità di Renly Baratheon: nei libri non si accenna mai alla sua omosessualità, Martin dà degli input al lettore per far capire le sfaccettature del personaggio, non è mai del tutto aperto.
Il mondo di Martin è un mondo medievale pieno, molto veritiero e spesso crudo, mai volgare ma con una sottigliezza nei particolari unica. Questo aspetto importantissimo che ha reso famosa la saga è stata riportata solo in parte. Ci sono state scene che non avevano senso, a mio parere non c’entrano molto con la saga. Alcune di queste scene mi hanno dato fastidio perché non hanno inciso moltissimo sulla trama, inoltre hanno modificato anche alcuni aspetti. Alcune sottigliezze e particolari non sono stati riportati, provocando in questo modo sbalzi di trama e confusione negli spettatori. Nonostante ciò, misteri, intrighi, guerre e altre vicende non annoiano mai: questa è una saga che merita in tv così come nella lettura. I colpi di scena sono all’ordine del giorno e il mondo fantastico in cui si svolge la vicenda è descritto in modo molto realistico: i costumi e i personaggi sono curati nei minimi particolari e riescono a coinvolgere lo spettatore rendendolo partecipe. I protagonisti, nella serie tv, hanno anni in più rispetto ai libri. Questa è stata una scelta, per me, abbastanza giusta per via dei risvolti.
Non mi resta che accennarvi un po’ di trama! Il trono di spade forgiato dai Targaryen vede tutte le spade dei nemici fuse a forma di trono. E’ un trono ambito e, nel gioco dei troni, ogni azione è concessa pur di arrivare ad ottenerlo. La storia inizia con la morte del Lord Primo Cavaliere John Arryn e l’arrivo a Grande Inverno del re Robert Baratheon (Mark Addy), detto l’usurpatore. Robert chiede all’amico fidato Eddard Stark (Sean Bean) di prendere il posto di John e di favorire le nozza tra suo figlio Joffrey (Jack Gleeson) e la figlia maggiore di Eddard, Sansa (Sophie Turner). Il lord non ha molta voglia di andarci, ma un incidente quasi mortale capitato a uno dei suoi figli minori, gli farà prendere la decisione di andare verso Approdo del Re, la capitale del regno. Purtroppo gli intrighi di palazzo sono dietro l’angolo e Eddard tenterà di difendere fino in fondo i principi di giustizia e di fedeltà, anche dopo la morte del caro amico Robert. Questa difesa estrema dei princìpi lo porterà ad uno scontro con Joffrey. Ned, purtroppo, subirà le pesanti conseguenze destinate a chi non riconosce Joffrey come legittimo erede e da qui inizierà la guerra! Si vedrà lo scontro tra la famiglia Stark e quella dei Lannister (nome della casata a cui appartiene la madre di Joffrey, Cercei (Lena Headney)) che detiene il potere alle spalle del figlio). 
Nel frattempo, al di la del mare stretto, gli ultimi eredi rimasti della famiglia Targaryen vogliono ritornare al luogo che gli spetta di diritto. Viserys (Harry Lloyd) decide di vendere la sorella minore Danaerys (Emilia Clarke) al barbaro dothrako Khal Drogo (Jason Momoa) per poter avere l’esercito. Ma l’avarizia e l’ira di Viserys lo porteranno alla morte mentre Danaerys porterà avanti il desiderio di tornare a casa e, con l’aiuto del suo sposo, otterrà il rispetto del suo nuovo popolo dimostrando di avere il sangue di drago che scorre nelle proprie vene.
Al di là della barriera (luogo misterioso e pieno di insidie), invece, si sono risvegliati gli Estranei, creature leggendarie e altamente letali. Jon Snow (Kit Harington), figlio bastardo di Eddard Stark, si è arruolato nei Guardiani della Notte, i guardiani che vigilano sulla barriera. Egli si renderà conto che ciò che la barriera cela è qualcosa di veramente mostruoso e dovrà mettercela tutta per fermare l’incombente minaccia.


A chi volesse leggere i libri devo dire che l’edizione italiana ha suddiviso ogni edizione originale in due libri. La serie è arrivata alla prima parte del terzo volume, “Tempesta di spade”, in Italia pubblicata con i volumi “Tempesta di Spade”, “I Fiumi della Guerra” e “Il portale delle tenebre”. Per chi non volesse uscire pazzo come me, sta uscendo una nuova edizione che riporta i volumi riuniti e sono identici all’edizione originale e sono in “pelle di drago” con uno stemma di una delle casate protagoniste. Buona Lettura e alla prossima con “Il Trono di Spade”! Per chi aspetta la quarta stagione: per marzo dovrebbe andare in onda, almeno negli Stati Uniti. Non so se da noi arriverà fra qualche mese o lo faranno in contemporanea. Su internet troverete tutte le informazioni!

 Buona Lettura e Buona visione con “Il Trono di Spade”!