6 gennaio 2014

Letture Pesanti - Il quaderno di Maya, di Isabelle Allende

Buon 2014! Oggi riprendo il blog inserendovi la recensione di un libro. Negli ultimi mesi ho scoperto Isabelle Allende, e devo dire che questa scrittrice è davvero unica nel suo genere. Sa dare una forte intensità emotiva facendo vivere al lettore tutto lo splendore del racconto. Non usa un linguaggio complesso, il bello di Isabelle Allende sta proprio nella sua semplicità. Sebbene questa scrittrice sia molto prolissa e descrive minuziosamente ciò che svolgono i protagonisti, nonché l’ambiente che li circonda. Infatti, a volte il racconto può sembrare un po’ monotono e pesante per il continuo ripetere del quotidiano dei protagonisti. Ma la monotonia è spezzata con la novità, che fa leggere il libro tutto d’un fiato emozionandosi. I colpi di scena sono davvero delle novità che fanno alzare tantissimo la curiosità del lettore, non sono mai banali e buttati a caso. Isabelle Allende è una scrittrice molto intensa, è bravissima ad inserire elementi storici descrivendo bene le epoche insieme ad usi, costumi, elementi folkloristici e via di seguito.
Il libro di cui voglio parlarvi oggi è “Il quaderno di Maya” scritto dalla Allende nel 2011. È un racconto forte di una ragazza diciannovenne, tale Maya Vidal, che racconta in prima persona in forma di diario la sua storia. Sebbene Maya al momento in cui scrive si trovi in Cile, in particolare nell’isola di Chiloè ospite di un amico della nonna, la sua vita si svolge tra San Francisco e Las Vegas. Dicevo prima che è un racconto forte perché si parla della tossicodipendenza in primis, ma anche dell’abbandono infantile, di genitori assenti, di sbagli. La ragazza è nata da un incontro causale tra il padre aviatore e la madre hostess, infatti quest’ultima l’abbandona quando era ancora neonata, lasciandola tra le braccia del nonno paterno. Maya sentirà sempre questo abbandono, sentendosi frutto di uno sbaglio e arrabbiandosi con i suoi genitori per questo grosso errore. Sebbene i nonni suppliscono quasi in pieno l’assenza dei genitori, non riescono ad aiutarla. Purtroppo per Maya le cose non sono rose e fiori e la sua vita ha una svolta quando muore proprio il nonno. Per Maya, la morte del nonno, rappresenta un momento catastrofico, perché va via la persona che per lei era un’ancora di salvataggio nel mondo in tempesta in cui vive. Da questo momento in poi il baratro: sesso, droga, vagabondaggio …  la vita di Maya non ha più alcuna regolarità fino a quando non finirà in guai seri. Ma la nonna di Maya ha sempre un asso nella manica. È una donna risoluta che ha saputo sopravvivere e scappare dal regime di Pinochet, è riuscita a rifarsi una vita negli Stati Uniti.

Il racconto in molti punti potrebbe richiamare “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” per quanto riguarda la parte della tossicodipendenza, ma non è così perché sono inseriti momenti molto più crudi e anche un po’ romanzati. Mi è piaciuto molto la descrizione dello spaccato sociale del mondo buio e cupo di Maya, di come si sia lasciata andare alle amicizie sbagliate, alla droga. Questo racconto fa riflettere molto, non fa però provare pena per questa ragazza come si potrebbe pensare inizialmente ma fa provare rabbia. Ci si arrabbia con i genitori di Maya, ci si dispiace per la morte del nonno, ci si arrabbia con le “amiche” di Maya. Fa riflettere e pensare come possa fare una nonna a crescere un’adolescente problematica come Maya, come si riesce a sopportare il peso dell’irresponsabilità di un figlio. Si parla di responsabilità e di irresponsabilità, fatto con molta maestria e semplicità.

 

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