Il libro di cui voglio parlarvi
oggi è “Il quaderno di Maya” scritto dalla Allende nel 2011. È un
racconto forte di una ragazza diciannovenne, tale Maya Vidal, che racconta
in prima persona in forma di diario la sua storia. Sebbene Maya al momento in cui
scrive si trovi in Cile, in particolare nell’isola di Chiloè ospite di un amico della nonna, la sua vita si
svolge tra San Francisco e Las Vegas. Dicevo prima che è un racconto forte perché
si parla della tossicodipendenza in primis, ma anche dell’abbandono infantile,
di genitori assenti, di sbagli. La ragazza è nata da un incontro causale tra il
padre aviatore e la madre hostess, infatti quest’ultima l’abbandona quando era
ancora neonata, lasciandola tra le braccia del nonno paterno. Maya sentirà sempre questo abbandono,
sentendosi frutto di uno sbaglio e arrabbiandosi con i suoi genitori per questo
grosso errore. Sebbene i nonni suppliscono quasi in pieno l’assenza dei
genitori, non riescono ad aiutarla. Purtroppo per Maya le cose non sono rose e
fiori e la sua vita ha una svolta quando muore proprio il nonno. Per Maya, la
morte del nonno, rappresenta un momento catastrofico, perché va via la persona
che per lei era un’ancora di salvataggio nel mondo in tempesta in cui vive. Da
questo momento in poi il baratro: sesso, droga, vagabondaggio … la vita di Maya non ha più alcuna regolarità
fino a quando non finirà in guai seri. Ma la nonna di Maya ha sempre un asso
nella manica. È una donna risoluta che ha saputo sopravvivere e scappare dal
regime di Pinochet, è riuscita a rifarsi una vita negli Stati Uniti.
Il racconto in molti punti
potrebbe richiamare “Noi, i ragazzi dello
zoo di Berlino” per quanto riguarda la parte della tossicodipendenza, ma
non è così perché sono inseriti momenti molto più crudi e anche un po’ romanzati.
Mi è piaciuto molto la descrizione dello spaccato sociale del mondo buio e cupo
di Maya, di come si sia lasciata andare alle amicizie sbagliate, alla droga.
Questo racconto fa riflettere molto, non fa però provare pena per questa
ragazza come si potrebbe pensare inizialmente ma fa provare rabbia. Ci si
arrabbia con i genitori di Maya, ci si dispiace per la morte del nonno, ci si
arrabbia con le “amiche” di Maya. Fa riflettere e pensare come possa fare una
nonna a crescere un’adolescente problematica come Maya, come si riesce a
sopportare il peso dell’irresponsabilità di un figlio. Si parla di
responsabilità e di irresponsabilità, fatto con molta maestria e semplicità.
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