“…Chissà se noi tre avremmo potuto essere amici nella vita. Non come fratelli, ma come persone…”
Wes Anderson con questo film indaga ancora una volta le
dinamiche familiari, più precisamente i rapporti tra fratelli. La storia si
svolge tra i paesaggi suggestivi dell’India, e per molti versi la si finisce
per fare propria perché fa riflettere e fa pensare ai propri legami e a
come farli rinsavire, o farli nascere lì dove non c’erano prima, a curarli
costantemente. La Sociologia dice che la famiglia è la prima forma di società, subito dopo
viene la scuola. La famiglia rappresenta un punto d’appoggio fondamentale nella
vita di un individuo, avrà ripercussione per tutta la sua esistenza. Assenza o
presenza della famiglia segnano l’individuo, il suo modo di essere, di
rapportarsi con gli altri, anche nei rapporti sentimentali. Ma quando i
rapporti degenerano cosa succede? Che cosa succede quando diventano malati,
instabili, insopportabili e astiosi? E’ proprio su queste domande che Anderson si sofferma,
raccontando la sua storia attraverso questi tre fratelli che, alternandosi,
sono degli antieroi e degli eroi, eternamente adolescenti rissosi
tra loro e con sé stessi: dei bambini sperduti.
Queste domande me le sono fatte spesso, sapete. La mia risposta è che i
rapporti con e tra i familiari sono quelli più difficili da gestire, quelli più
delicati perché influiscono su tutto ciò che facciamo e su chi incontriamo. Ma
come si gestiscono le dinamiche familiari? Non credo che ci siano soluzioni
“standard” perché ogni famiglia si basa su determinate regole, abitudini, si
stabiliscono dei legami del tutto personali. Bisogna “curare” ogni
dinamica, analizzando ogni singolo aspetto. “Curare” è un termine forte, ma è
anche il più adatto. I genitori hanno sempre un ruolo fondamentale nella
famiglia, è proprio la loro presenza (o la loro assenza) che va a determinare
le regole e le abitudini. Ma i genitori, proprio per amore profondo o per
profondo egoismo sono la rovina più grande per i figli. Come si arriva a ciò? E
perché? Questa è una domanda alla quale non so dare una risposta. Io credo che un
genitore faccia del suo meglio per un figlio, non lo vedo come un mestiere e
nemmeno come un ruolo o una qualità, è un modo di essere che può rivelarsi
giusto o sbagliato. Nessuno nasce
imparato, ma si cerca sempre di dare il meglio di sé in
tutto e per tutto, anche se non sempre si riesce. Sono parole senza senso,
parole vuote e crudeli ma è questo lo stato delle cose, che piaccia o meno. I
genitori cercano delle vie alternative a volte, credendo che siano quelle
giuste ma l’errore è sempre dietro l’angolo, specie se si proietta sul figlio
ciò che si voleva diventare e non si è riusciti.
E sono proprio i genitori che creano il vuoto emotivo nei protagonisti.

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